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            <titleStmt>
                
                <title>I Malavoglia: commento multimediale del CAPITOLO VII</title>
                <author>Giovanni Verga</author>
                
                <respStmt>
                    
                    <resp>Codifica a cura di</resp>
                    <name xml:id="NomeCognome">Erika Pennisi</name>
                    <name xml:id="NomeCognome2">Maria Natasha Fragalà</name>
                    
                </respStmt>
                
                <respStmt>
                    
                    <resp>Corso di Modelli di scrittura e lettura del testo digitale (AA 2024/25) 
                    a cura di</resp>
                    <name xml:id="LiB">Liborio Pietro Barbarino</name>
                    
                </respStmt>
                
            </titleStmt>
            
            <editionStmt>
                
                <edition>
                    Prima versione 
                    <date>Dicembre 2024</date>
                </edition>
                
            </editionStmt>
            
            <publicationStmt>
                
                <authority>Università di Catania</authority>
                
                <availability status="free">
                    
                    <p>Codifica del commento multimediale: prova finale del corso di Modelli di
                        scrittura e lettura del testo digitale (LM-43), AA 2024-25.</p>
                    
                </availability>
                
            </publicationStmt>
            
            <sourceDesc>
                
                <bibl>
                    
                    <title level="m">I Malavoglia</title>
                    <author>Giovanni Verga</author>
                    <editor role="curatore">Ferruccio Cecco</editor>
                    <publisher>G. Einaudi</publisher>
                    <pubPlace>Torino</pubPlace>
                    <date when="1900">1995</date>
                    
                </bibl>
                
            </sourceDesc>
            
        </fileDesc>
        
        <encodingDesc>
            
            <editorialDecl>
                
                <p>
                </p>
                
            </editorialDecl>
            
            <tagsDecl partial="true">
                
                <namespace name="http://www.tei-c.org/ns/1.0">
                    
                    <tagUsage gi="ptr">Il tag ptr è stato utilizzato per segnalare i riferimenti
                        (parole o stringhe di riferimento) a cui è stato associato un commento
                        multimediale (inserendo un attributo type per esplicitarne la
                        categoria).</tagUsage>
                    
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                    testuali presenti nel medesimo testo.</tagUsage>
                    
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                        cui comprensione richiede la consultazione di un dizionario (è stato 
                        segnalato il lemma di riferimento).</tagUsage>
                    
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            <creation>
                
                <date>27/12/2024</date>
                
                <placeName>Catania</placeName>
                
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            <change when="2024-11" resp="#LiB">Ricontrollo testo e prima bozza a cura del
                docente.</change>
            
            <change when="2025-12" resp="#ErikaNatasha">Annotazione del testo a cura di 
            Erika Pennisi e Maria Natasha Fragalà</change>
            
            <change when="2026-01" resp="#ErikaNatasha">Inserimento di contenuti e commenti a 
            cura di Erika Pennisi e Maria Natasha Fragalà</change>
            
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    <text>
        
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            <div type="chapter" n="VII">
                
                <head>VII</head>
                
                
                <p xml:id="MA_0004520" n="nCap.nPar">VII</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004530" n="VII.1">
                    Quello fu un brutto Natale pei Malavoglia 
                    <ptr type="media" target="#N_MA_media_Fontana_dei_malavoglia"/>
                    ;
                    giusto in quel tempo anche Luca prese il suo numero alla leva, un numero basso
                    da povero diavolo, e se ne andò a fare il soldato senza tanti piagnistei, che
                    oramai ci avevano fatto il callo. Stavolta 'Ntoni accompagnando il fratello col
                    berretto sull'orecchio, talché pareva fosse lui che partisse, gli diceva che non
                    era nulla, e anche lui aveva fatto il soldato. Quel giorno pioveva, e la strada
                    era tutta una pozzanghera. - Non voglio che mi accompagniate - ripeteva Luca
                    alla mamma; - già la stazione è lontana. - E stava sull'uscio a veder piovere
                    sul nespolo, col suo fardelletto sotto il braccio. Poi baciò la mano al nonno e
                    alla mamma, e abbracciò Mena e i fratelli.
                </p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004540" n="VII.2">Così la Longa se lo vide partire sotto
                    l'ombrello, accompagnato da tutto il parentado, saltando sui ciottoli della
                    stradicciuola ch'era tutta una pozzanghera, e il ragazzo siccome era giudizioso
                    quanto il nonno, si rimboccò i calzoni sul ballatoio, sebbene non li avrebbe
                    messi più, ora che lo vestivano da soldato.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004550" n="VII.3">
                    - Questo qui non scriverà per danari, quando
                    sarà laggiù, pensava il vecchio; e se Dio gli dà giorni lunghi, la tira su
                    un'altra volta la casa del nespolo. 
                    <ptr type="media" target="#N_MA_media_Casa_del_nespolo"/>
                     
                    Ma Dio non gliene diede giorni lunghi,
                    appunto perché era fatto di quella pasta; - e quanto giunse più tardi la notizia
                    che era morto, alla Longa le rimase quella spina che l'aveva lasciato partire
                    colla pioggia, e non l'aveva accompagnato alla stazione.
                </p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004560" n="VII.4">
                    - Mamma! disse Luca tornando indietro, perché
                    gli piangeva il cuore di lasciarla così zitta zitta sul ballatoio, come la
                    Madonna addolorata; quando tornerò vi avviserò prima, e così verrete ad
                    incontrarmi tutti alla stazione. - E quelle parole Maruzza non le dimenticò
                    finché le chiusero gli occhi; e sino a quel giorno si portò fitta nel cuore
                    quell'altra spina che il suo ragazzo non assisteva alla festa che si fece quando
                    misero di nuovo in mare 
                    <ptr type="media" target="#N_MA_media_Porto"/>
                     la Provvidenza, 
                    mentre c'era tutto il paese, e Barbara
                    Zuppidda s'era affacciata colla scopa per spazzar via i trucioli. - Lo faccio
                    per amor vostro; aveva detto a 'Ntoni di padron 'Ntoni; perché è la vostra
                    Provvidenza. 
                </p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004570" n="VII.5">
                    - Voi colla scopa in mano sembrate una regina;
                    rispose 'Ntoni. - In tutta Trezza 
                    <ptr type="media" target="#N_MA_media_Aci_Trezza"/>
                     non c'è una brava massaia come voi!
                </p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004580" n="VII.6">- Ora che vi portate via la Provvidenza non ci
                    verrete più da queste parti, compare 'Ntoni.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004590" n="VII.7">- Sì che ci verrò. E poi per andare alla sciara
                    questa è la strada più corta.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004600" n="VII.8">- Ci verrete per vedere la Mangiacarrubbe, che
                    si mette alla finestra quando passate.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004610" n="VII.9">- La Mangiacarrubbe gliela lascio a Rocco
                    Spatu, ché ci ho altro pel capo.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004620" n="VII.10">- Chissà quante ce ne avete in testa, delle
                    belle ragazze di fuori regno, non è vero?</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004630" n="VII.11">- Qui ce n'è pure delle belle ragazze, comare
                    Barbara, e lo so io.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004640" n="VII.12">- Davvero?</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004650" n="VII.13">- Per l'anima mia!</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004660" n="VII.14">- O a voi che ve ne importa?</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004670" n="VII.15">- Me ne importa, sì! ma ad esse non gliene
                    importa di me, perché ci hanno i zerbinotti che passeggiano sotto le finestre,
                    colle scarpe inverniciate.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004680" n="VII.16">
                    - Io non le guardo nemmeno, le scarpe
                    inverniciate, per la Madonna dell'Ognina! La mamma dice che le scarpe
                    inverniciate son fatte per mangiarci la dote e ogni cosa; e qualche bel giorno
                    vuole uscire fuori sulla strada, colla 
                    <distinct ana="#Rocca">rocca</distinct>
                     in mano, a fare una commedia con
                    quel don Silvestro, se non mi lascia in pace.
                </p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004690" n="VII.17">- Che lo dite sul serio, comare Barbara?</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004700" n="VII.18">- Sì, davvero!</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004710" n="VII.19">- Questa cosa mi piace! disse 'Ntoni.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004720" n="VII.20">
                    - Sentite, andateci il lunedì alla sciara,
                    quando mia madre va alla fiera.
                    <ptr type="media" target="#N_MA_media_Ntoni_Barbara"/>
                </p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004730" n="VII.21">- Al lunedì il nonno non mi lascerà pigliar
                    fiato, ora che mettiamo in mare la Provvidenza.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004740" n="VII.22">Appena mastro Turi disse che la barca era in
                    ordine, padron 'Ntoni venne a pigliarsela coi suoi ragazzi, e tutti gli amici, e
                    la Provvidenza, mentre camminava verso la marina, barcollava sui sassi come
                    avesse il mal di mare, in mezzo alla folla.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004750" n="VII.23">
                    - Date qua! gli gridava più forte di tutti
                    compare Zuppiddu; ma gli altri sudavano e gridavano per spingerla sui 
                    <distinct ana="#">regoli</distinct>
                    ,
                    quando la barca inciampava nei sassi. - Lasciate fare a me; se no me la piglio
                    in braccio come una bambina, e ve la metto nell'acqua tutta in una volta.
                </p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004760" n="VII.24">
                    - Compare Turi è capace di farlo, con quelle
                    braccia! 
                    <ptr type="media" target="#N_MA_media_Compare_Zuppiddu"/>
                     dicevano alcuni.
                </p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004770" n="VII.25">
                    - Oppure, - Adesso i Malavoglia 
                    <ptr type="media" target="#N_MA_media_murales_Ognina"/>
                     
                    si mettono di
                    nuovo a cavallo.
                </p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004780" n="VII.26">
                    - Quel diavolo di compare Zuppiddu ci ha le
                    fate nelle mani! esclamavano. Guardate come l'ha ridotta, che prima sembrava una
                    scarpaccia vecchia addirittura!
                    <ptr type="media" target="#N_MA_media_Cantiere_navale"/>
                </p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004790" n="VII.27">E davvero adesso la Provvidenza sembrava
                    tutt'altra cosa, lucente della pece nuova, e con quella bella fascia rossa lungo
                    il bordo, e sulla poppa il San Francesco colla barba che sembrava di bambagia,
                    talché persino la Longa si era riconciliata colla Provvidenza, da quando era
                    tornata senza suo marito, e aveva fatto la pace per la paura, ora che era venuto
                    l'usciere.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004800" n="VII.28">- Viva San Francesco! gridava ognuno come
                    vedeva passare la Provvidenza, e il figlio della Locca gridava più forte degli
                    altri, per la speranza che adesso padron 'Ntoni prendesse a giornata anche lui.
                    Mena si era affacciata sul ballatoio, e piangeva un'altra volta dalla
                    contentezza, e fin la Locca si alzò e andò colla folla anche lei, dietro i
                    Malavoglia.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004810" n="VII.29">- O comare Mena, questa dev'essere una bella
                    giornata per voi altri; le diceva Alfio Mosca dalla sua finestra dirimpetto;
                    dev'essere come quando potrò comprare il mio mulo.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004820" n="VII.30">- E l'asino lo venderete?</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004830" n="VII.31">- Come volete che faccia? Io non son ricco come
                    Vanni Pizzuto; se no, in coscienza, non lo venderei.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004840" n="VII.32">- Povera bestia!</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004850" n="VII.33">- Se avessi a dar da mangiare a un'altra bocca
                    prenderei moglie, e non starei solo come un cane! disse Alfio ridendo.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004860" n="VII.34">Mena non sapeva che dire, ed Alfio aggiunse
                    poi:</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004870" n="VII.35">- Ora che ci avete in mare la Provvidenza, vi
                    mariteranno con Brasi Cipolla.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004880" n="VII.36">- Il nonno non mi ha detto nulla.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004890" n="VII.37">- Ve lo dirà dopo. - Ancora c'è tempo. Da ora a
                    quando vi mariterete chi sa quante cose succederanno, e per quali strade andrò
                    col mio carro? Mi hanno detto che alla Piana, di là della città, c'è da lavorare
                    per tutti alla ferrovia. - Ora la Santuzza s'è intesa con massaro Filippo, pel
                    mosto nuovo, e non avrò più nulla da far qui.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004900" n="VII.38">Padron Cipolla invece, malgrado che i
                    Malavoglia si fossero messi di nuovo a cavallo, continuava a scrollare il capo,
                    e andava sentenziando che era un cavallo senza gambe; lui lo sapeva dove erano
                    le magagne, nascoste sotto la pece nuova.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004910" n="VII.39">
                    - Una Provvidenza rattoppata! 
                    <ptr type="media" target="#N_MA_media_Provvidenza_rattoppata"/>
                     - sogghignava lo
                    speziale - sciroppo d'altea, e mucillaggine di gomma arabica, come la Monarchia
                    costituzionale. Vedrete che gli faranno pagare anche la ricchezza mobile, a
                    padron 'Ntoni.
                </p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004920" n="VII.40">- Fin l'acqua che si beve ci faranno pagare.
                    Ora dice che metteranno il dazio sulla pece. Per questo padron 'Ntoni si è
                    affrettato a far allestire la sua barca; contuttoché mastro Turi Zuppiddu avanza
                    ancora cinquanta lire da lui.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004930" n="VII.41">- Chi ha avuto giudizio è stato lo zio
                    Crocifisso, che ha venduto a Piedipapera il credito dei lupini.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004940" n="VII.42">- Ora, se la ruota non gira pei Malavoglia, la
                    casa del nespolo se la piglia Piedipapera; e la Provvidenza torna da compare
                    Turi.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004950" n="VII.43">
                    Intanto la Provvidenza era scivolata in mare
                    come un'anitra, col becco in aria, e ci sguazzava dentro, si godeva il fresco,
                    dondolandosi mollemente nell'acqua verde, che le colpettava attorno ai fianchi,
                    e il sole le ballava sulla vernice. Padron 'Ntoni, se la godeva anche lui, colle
                    mani dietro la schiena e le gambe aperte, aggrottando un po' le ciglia, come
                    fanno i marinai quando vogliono vederci bene anche al sole, che era un bel sole
                    d'inverno, e i campi erano verdi, il mare lucente 
                    <ptr type="media" target="#N_MA_media_Riviera_dei_ciclopi"/>
                    , e il cielo turchino che non
                    finiva mai. Così tornano il bel sole e le dolci mattine d'inverno anche per gli
                    occhi che hanno pianto, e li hanno visti del color della pece, e ogni cosa si
                    rinnova come la Provvidenza, che era bastata un po' di pece e di colore, e
                    quattro pezzi di legno, per farla tornare nuova come prima, e chi non vede più
                    nulla sono gli occhi che non piangono più, e sono chiusi dalla morte.
                </p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004960" n="VII.44">
                    - Compare Bastianazzo non poté vederla questa
                    festa! pensava fra di sé comare Maruzza andando innanzi e indietro davanti
                    all'
                    <distinct ana="#Orditoio">orditoio</distinct>
                    , a disporre la trama, che quei regoli e quelle traverse glieli
                    aveva fatti tutti suo marito colle sue mani, la domenica o quando pioveva, e li
                    aveva piantati lui stesso nel muro. Ogni cosa in quella casa parlava ancora di
                    lui, e c'era il suo paracqua d'incerata in un cantuccio e le sue scarpe quasi
                    nuove sotto il letto. Mena, mentre 
                    <distinct ana="#Imbozzimare">imbozzimava</distinct>
                     l'
                    <distinct ana="#Ordito">ordito</distinct>
                    , aveva il cuore nero
                    anch'essa, pensando a compare Alfio, il quale se ne andava alla Bicocca, e
                    avrebbe venduto il suo asino, povera bestia! ché i giovani hanno la memoria
                    corta, e hanno gli occhi per guardare soltanto a levante; e a ponente non ci
                    guardano altro che i vecchi, quelli che hanno visto tramontare il sole tante
                    volte.
                </p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004970" n="VII.45">- Ora che hanno rimesso in mare la Provvidenza,
                    disse infine Maruzza, vedendo la figliuola pensierosa, tuo nonno ha ripreso ad
                    andare con padron Cipolla; li ho visti insieme anche stamattina dal ballatoio,
                    davanti alla tettoia di Peppi Naso.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004980" n="VII.46">- Padron Fortunato è ricco e non ha nulla da
                    fare, e se ne sta in piazza tutto il giorno; rispose Mena.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0004990" n="VII.47">
                    - Sì, e suo figlio Brasi ne ha della grazia di
                    Dio. Ora che abbiamo la nostra barca, e i nostri uomini non dovranno andare a
                    giornata, ci trarremo fuori dalla 
                    <distinct ana="#Stoppa">stoppa</distinct>
                     anche noi; e se le anime del Purgatorio
                    ci aiutano a levarci il debito dei lupini, si potrà cominciare a pensare alle
                    altre cose. Tuo nonno non ci dorme, sta tranquilla, e quanto a questo non ve lo
                    farà sentire che avete perso il padre, ché è come un altro padre, lui.
                </p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005000" n="VII.48">
                    Poco dopo arrivò padron 'Ntoni carico di reti,
                    che pareva una montagna, e non gli si vedeva la faccia. - Son venuto a
                    riprenderle dalla 
                    <distinct ana="#Paranza">paranza</distinct>
                    , disse, e bisogna rivedere le maglie giacché domani
                    armeremo la Provvidenza.
                </p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005010" n="VII.49">
                    - Perché non vi siete fatto aiutare da 'Ntoni?
                    gli rispose Maruzza tirando per un capo, mentre il vecchio girava in mezzo al
                    cortile come un 
                    <distinct ana="Arcolaio">arcolaio</distinct>
                    , per dipanare le reti che non finivano più, e pareva un
                    serpente colla coda. - L'ho lasciato di là da mastro Pizzuto. Povero ragazzo, ha
                    da lavorare tutta la settimana! E' fa caldo anche in gennaio con quel po' di
                    roba sulle spalle.
                </p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005020" n="VII.50">Alessi rideva del nonno, vedendolo così rosso e
                    curvo come un amo, e il nonno gli disse: - Guarda che qui fuori c'è quella
                    povera Locca; suo figlio è in piazza senza far nulla, e non hanno da mangiare. -
                    Maruzza mandò Alessi dalla Locca, con quattro fave, e il vecchio, asciugandosi
                    il sudore colla manica della camicia, soggiunse: - Ora che ci abbiamo la nostra
                    barca, se arriviamo all'estate, coll'aiuto di Dio, lo pagheremo il debito. - Ei
                    non sapeva dir altro, e guardava le sue reti, seduto sotto il nespolo, come se
                    le vedesse piene.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005030" n="VII.51">- Adesso bisogna far la provvista del sale,
                    prima che ci mettano il dazio, se è vero - andava dicendo colle mani sotto le
                    ascelle. Compare Zuppiddu lo pagheremo coi primi denari, ed egli mi ha promesso
                    che allora ci darà a credenza la provvista dei barilotti.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005040" n="VII.52">- Nel canterano ci sono cinque onze della tela
                    di Mena; aggiunse Maruzza.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005050" n="VII.53">- Bravo! con lo zio Crocifisso non voglio farci
                    più debiti, perché non me lo dice il cuore, dopo l'affare dei lupini; ma trenta
                    lire ce le darebbe per la prima volta che andiamo in mare colla Provvidenza.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005060" n="VII.54">
                    - Lasciatelo stare! esclamò la Longa, i danari
                    dello zio Crocifisso portano disgrazia! Anche stanotte ho sentito cantare la
                    gallina nera! 
                    <ptr type="media" target="#N_MA_media_Gallina_nera"/>
                     - Poveretta! esclamò il vecchio sorridendo, al vedere la gallina
                    nera che passeggiava pel cortile colla coda in aria e la cresta sull'orecchio,
                    come se non fosse fatto suo. Essa fa pure l'uovo tutti i giorni.
                </p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005070" n="VII.55">Allora Mena prese la parola e si affacciò
                    sull'uscio. - Ce n'è un paniere pieno di uova, aggiunse, e lunedì, se compare
                    Alfio va a Catania, potete mandare a venderli al mercato.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005080" n="VII.56">- Sì, anche queste aiutano a levare il debito!
                    disse padron 'Ntoni; ma voi altri dovreste mangiarvelo qualche uovo, quando
                    avete voglia.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005090" n="VII.57">- No, non ne abbiamo voglia, - rispose Maruzza,
                    e Mena soggiunse: - Se li mangiamo noi, compare Alfio non avrà più da venderne
                    al mercato; ora metteremo le uova di anitra sotto la chioccia, e i pulcini si
                    vendono otto soldi l'uno. Il nonno la guardò in faccia e le disse: - Tu sei una
                    vera Malavoglia, la mia ragazza!</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005100" n="VII.58">
                    Le galline starnazzavano nel terriccio del
                    cortile, al sole, e la chioccia, tutta 
                    <distinct ana="#Ingrullire">ingrullita</distinct>
                    , colla sua penna nel naso,
                    scuoteva il becco in un cantuccio; sotto le frasche verdi dell'orto, lungo il
                    muro, c'era appeso su dei piuoli dell'altro ordito ad imbiancare, coi sassi al
                    piede. - Tutta questa roba fa denari, ripeteva padron 'Ntoni; e colla grazia di
                    Dio, non ci manderanno più via dalla nostra casa. «Casa mia, madre mia».
                </p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005110" n="VII.59">- Ora i Malavoglia devono pregare Dio e San
                    Francesco perché la pesca riesca abbondante, diceva intanto Piedipapera.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005120" n="VII.60">- Sì, colle annate che corrono! esclamò padron
                    Cipolla, ché in mare ci devono aver buttato il colera anche per i pesci!</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005130" n="VII.61">Compare Mangiacarrubbe diceva di sì col capo, e
                    lo zio Cola tornava a parlare del dazio del sale che volevano mettere, e allora
                    le acciughe potevano starsene tranquille, senza spaventarsi più dalle ruote dei
                    vapori, ché nessuno sarebbe più andato a pescarle.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005140" n="VII.62">
                    - E ne hanno inventata un'altra! aggiunse
                    mastro Turi il calafato, di mettere anche il dazio sulla pece. Quelli a cui non
                    gliene importava della pece non dissero nulla; ma lo Zuppiddu seguitò a
                    strillare che egli avrebbe chiuso bottega, e chi aveva bisogno di 
                    <distinct ana="#Calafatare">calafatare</distinct>
                     la
                    barca poteva metterci la camicia della moglie per stoppa. Allora si levarono le
                    grida e le bestemmie. In questo momento si udì il fischio della macchina, e i
                    carrozzoni della ferrovia sbucarono tutt'a un tratto sul pendio del colle, dal
                    buco che ci avevano fatto, fumando e strepitando come avessero il diavolo in
                    corpo. - Ecco qua! conchiuse padron Fortunato: la ferrovia da una parte e i
                    vapori dall'altra. A Trezza non ci si può più vivere, in fede mia!
                </p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005150" n="VII.63">
                     
                    <ptr type="media" target="#N_MA_media_La_rivolta_di_Aci_Trezza"/>
                    
                    Nel villaggio successe un casa del diavolo
                    quando volevano mettere il dazio sulla pece. La Zuppidda, colla schiuma alla
                    bocca, salì sul ballatoio, e si mise a predicare che era un'altra bricconata di
                    don Silvestro, il quale voleva rovinare il paese, perché non l'avevano voluto
                    per marito: non lo volevano nemmeno per compagno alla processione, quel
                    cristiano, né lei né sua figlia! Comare Venera quando parlava del marito che
                    doveva prendere sua figlia pareva che la sposa fosse lei. Mastro Turi avrebbe
                    chiuso bottega, diceva, ma voleva vedere poi come avrebbe fatto la gente a
                    mettere le barche in mare, che si sarebbero mangiati per pane gli uni cogli
                    altri. Allora le comari si affacciarono sull'uscio, colle 
                    <distinct ana="#Conocchia">conocchie</distinct>
                     in mano a
                    sbraitare che volevano ammazzarli tutti, quelli delle tasse, e volevano dar
                    fuoco alle loro cartacce, e alla casa dove le tenevano. Gli uomini, come
                    tornavano dal mare, lasciavano gli arnesi ad asciugare, e stavano a guardare
                    dalla finestra la rivoluzione che facevano le mogli.
                </p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005160" n="VII.64">- Tutto perché è tornato 'Ntoni di padron
                    'Ntoni, seguitava comare Venera, ed è sempre là, dietro le gonnelle di mia
                    figlia. - Ora gli danno noia le corna, a don Silvestro. Infine se non lo
                    vogliamo, cosa pretende? Mia figlia è roba mia, e posso darla a chi mi pare e
                    piace. Gli ho detto di no chiaro e tondo a mastro Callà, quand'è venuto a fare
                    l'ambasciata in persona, l'ha visto anche lo zio Santoro. Don Silvestro gli fa
                    fare quel che vuole, a quel Giufà del sindaco; ma io me ne infischio del sindaco
                    e del segretario. Ora cercano di farci chiudere bottega perché non mi lascio
                    mangiare il fatto mio da questo e da quello! Che razza di cristiani, eh? perché
                    non l'aumentano sul vino il loro dazio? o sulla carne, che nessuno ne mangia? ma
                    questo non piace a massaro Filippo, per amore della Santuzza, che sono in
                    peccato mortale tutti e due, e lei porta l'abitino di Figlia di Maria per
                    nascondere le sue porcherie, e quel becco dello zio Santoro non vede nulla.
                    Ognuno tira l'acqua al suo mulino, come compare Naso, che è più grasso dei suoi
                    maiali! Belle teste che abbiamo! Ora vogliamo fargli la festa a tutte coteste
                    teste di pesce della malannata.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005170" n="VII.65">
                    Mastro Turi Zuppiddu si dimenava sul ballatoio
                    colla malabestia ed il 
                    <distinct ana="#Patarasso">patarasso</distinct>
                     in pugno, che voleva far sangue, e non
                    l'avrebbero trattenuto nemmen colle catene. La bile andava gonfiandosi da un
                    uscio all'altro come le onde del mare in burrasca. Don Franco si fregava le
                    mani, col cappellaccio in capo, e diceva che il popolo levava la testa; e come
                    vedeva passare don Michele, colla pistola appesa sulla pancia, gli rideva sul
                    naso. Anche gli uomini, a poco a poco si erano lasciati riscaldare dalle loro
                    donne, e si cercavano l'un l'altro per mettersi in collera; e perdevano la
                    giornata a stare in piazza colle mani sotto le ascelle, e la bocca aperta, ad
                    ascoltare il farmacista il quale predicava sottovoce, perché non udisse sua
                    moglie ch'era di sopra, di fare la rivoluzione, se non erano minchioni, e non
                    badare al dazio del sale o al dazio della pece, ma casa nuova bisognava fare, e
                    il popolo aveva ad essere re. Invece certuni torcevano il muso e gli voltavano
                    le spalle, dicendo: - Il re vuol essere lui. Lo speziale è di quelli della
                    rivoluzione, per affamare la povera gente! E se ne andavano piuttosto
                    all'osteria della Santuzza, dove facevano per dieci. Ora che si ricominciava la
                    canzone delle tasse si sarebbe parlato nuovamente di quella del pelo, come la
                    chiamavano la tassa sulle bestie da soma, e di aumentare il dazio sul vino. -
                    Santo diavolone! stavolta andava a finir male, per la madonna!
                </p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005180" n="VII.66">Il vino buono faceva vociare, e il vociare
                    metteva sete, intanto che non avevano ancora aumentato il dazio sul vino; e
                    quelli che avevano bevuto levavano i pugni in aria, colle maniche della camicia
                    rimboccate, e se la prendevano persin colle mosche che volavano.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005190" n="VII.67">- Questa è come una festa per la Santuzza!
                    dicevano. Il figlio della Locca, il quale non aveva denari per bere, gridava lì
                    fuori dell'uscio che voleva farsi ammazzare piuttosto, ora che lo zio Crocifisso
                    non lo voleva più nemmeno a mezza paga, per quel suo fratello Menico che s'era
                    annegato coi lupini. Vanni Pizzuto aveva anche chiuso la bottega, perché nessuno
                    andava più a farsi radere, e portava il rasoio in tasca, e vomitava improperi da
                    lontano, e sputava addosso a coloro che se ne andavano pei fatti loro, coi remi
                    in collo, stringendosi nelle spalle.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005200" n="VII.68">- Quelli sono carogne, che non gli importa un
                    corno della patria! sbraitava don Franco, tirando il fumo dalla pipa come se
                    volesse mangiarsela. Gente che non muoverebbe un dito pel suo paese.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005210" n="VII.69">- Tu lasciali dire! diceva padron 'Ntoni a suo
                    nipote, il quale voleva rompere il remo sulla testa a chi gli dava della
                    carogna; colle loro chiacchiere non ci danno pane, né ci levano un soldo di
                    debito dalle spalle.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005220" n="VII.70">Lo zio Crocifisso, il quale era di quelli che
                    badano ai fatti propri, e quando gli cavavano sangue colle tasse si masticava la
                    sua bile dentro di sé, per paura di peggio, adesso non si faceva più vedere in
                    piazza, addossato al muro del campanile, ma stava rintanato in casa, al buio, a
                    recitare paternostri e avemarie per digerire la collera contro quelli che
                    strillavano, ed era gente che voleva mettere a sacco e a fuoco il paese, e
                    andare a svaligiare chi ci aveva quattro soldi in casa. - Lui ha ragione,
                    dicevano in paese, perché dei soldi deve averne a palate. - Ora ci ha pure le
                    cinquecento lire dei lupini che gli ha dato Piedipapera!</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005230" n="VII.71">Ma la Vespa, la quale aveva tutta la sua roba
                    al sole, e non temeva che gliela rubassero, andava gridando per lui, colle mani
                    in aria, nera come un tizzone, e coi capelli al vento, che suo zio se lo
                    mangiavano vivo ogni sei mesi, colla fondiaria, e voleva cavargli gli occhi
                    colle sue mani all'esattore, se tornava da suo zio. - Adesso ella ronzava
                    continuamente da comare Grazia, dalla cugina Anna e dalla Mangiacarrubbe, ora
                    con un pretesto ed ora con un altro, per vedere come se la intendessero compare
                    Alfio colla Sant'Agata, ed avrebbe voluto annichilire la Sant'Agata con tutti i
                    Malavoglia; perciò andava dicendo che non era vero che Piedipapera avesse
                    comprato il credito dei lupini, perché Piedipapera non le aveva mai possedute
                    cinquecento lire, e i Malavoglia avevano sempre sul collo i piedi di suo zio
                    Crocifisso, il quale poteva schiacciarli come formiche, tanto era ricco, ed ella
                    aveva avuto torto a dirgli di no, pei begli occhi di uno il quale non ci aveva
                    che un carro da asino, mentre lo zio Crocifisso le voleva bene come alla pupilla
                    degli occhi suoi, sebbene in quel momento non volesse aprirle l'uscio, per
                    timore che gli entrassero in casa a fare sacco e fuoco.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005240" n="VII.72">Chi ci aveva da perdere qualcosa, come padron
                    Cipolla o massaro Filippo l'ortolano, stava tappato in casa, con tanto di
                    catenaccio, e non metteva fuori nemmeno il naso; per questo Brasi Cipolla si era
                    buscato un potente ceffone da suo padre, quando l'aveva trovato sulla porta del
                    cortile a guardare in piazza come un baccalà. I pesci grossi stavano sott'acqua
                    durante la maretta, e non si facevano vedere, anche quelli che erano teste di
                    pesce, e lasciavano il sindaco col naso in aria a cercare la foglia.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005250" n="VII.73">- Non lo vedete che si servono di voi come di
                    un burattino? gli diceva sua figlia Betta coi pugni sui fianchi. Ora che vi
                    hanno messo nell'impiccio vi voltano le spalle, e vi lasciano solo a sgambettare
                    nel pantano; ecco quel che vuol dire farsi menare pel naso da quell'imbroglione
                    di don Silvestro.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005260" n="VII.74">- Io non mi lascio menar per il naso da
                    nessuno! saltava su Baco da seta. Il sindaco lo faccio io, e non don
                    Silvestro.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005270" n="VII.75">Don Silvestro diceva invece che il sindaco lo
                    faceva sua figlia Betta, e mastro Croce Callà portava i calzoni per isbaglio.
                    Così, fra tutt'e due, il povero Baco da seta stava fra l'incudine e il martello.
                    Adesso poi che era venuta la burrasca, e tutti lo lasciavano a strigliare quella
                    mala bestia della folla, non sapeva più da che parte voltarsi.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005280" n="VII.76">- A voi che cosa ve ne importa? gli gridava
                    Betta. Fate anche voi come fanno gli altri; e se non vogliono il dazio della
                    pece, don Silvestro ci penserà lui a trovare qualche altra cosa.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005290" n="VII.77">Don Silvestro, invece era più fermo; continuava
                    ad andare attorno, con quella faccia tosta; e Rocco Spatu e Cinghialenta, come
                    lo vedevano, rientravano in fretta nell'osteria per non fare uno sproposito, e
                    Vanni Pizzuto bestemmiava forte toccando il rasoio dentro la tasca dei
                    calzoni.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005300" n="VII.78">Don Silvestro senza badarci, andava a far
                    quattro chiacchiere collo zio Santoro, e gli metteva due centesimi nella
                    mano.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005310" n="VII.79">- Sia lodato Dio! esclamava il cieco, questo è
                    don Silvestro il segretario, ché nessun altri di tutti quelli che vengono qui a
                    gridare e a pestare i pugni sulle panche fa un centesimo di limosina per le
                    anime del Purgatorio, e vengono a dire che vogliono ammazzarli tutti, il sindaco
                    e il segretario; l'hanno detto Vanni Pizzuto, Rocco Spatu, e compare
                    Cinghialenta. Vanni Pizzuto s'è messo ad andare senza scarpe, per non essere
                    conosciuto; ma io lo riconosco egualmente, che striscia sempre i piedi per
                    terra, e fa levar la polvere come quando passano le pecore.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005320" n="VII.80">- A voi che ve ne importa? gli diceva sua
                    figlia, appena don Silvestro se ne andava. Questi non sono affari nostri.
                    L'osteria è come un porto di mare, chi va e chi viene, e bisogna essere amici
                    con tutti, e fedeli con nessuno; per questo l'anima l'abbiamo ciascuno la sua, e
                    ognuno deve badare ai suoi interessi, e non fare giudizi temerari contro il
                    prossimo. Compare Cinghialenta e Spatu spendono del denaro in casa nostra. Non
                    dico di Pizzuto che vende l'erbabianca e cerca di levarci gli avventori.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005330" n="VII.81">Don Silvestro poi andava a fermarsi dallo
                    speziale, il quale gli piantava la barba in faccia, e gli diceva che era tempo
                    di finirla, e buttar tutto a gambe in aria, e far casa nuova.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005340" n="VII.82">
                    - Volete scommettere che questa volta va a
                    finir male? ribatteva don Silvestro, mettendo due dita nel taschino del farsetto
                    per cavar fuori il dodici tarì nuovo. Non c'è tasse che bastano, e un giorno o
                    l'altro bisognerà finirla davvero. S'ha a mutar registro con Baco da seta che si
                    lascia metter la gonnella dalla figlia, e il sindaco lo fa lei; - a massaro
                    Filippo poi non gliene importa un cavolo, e padron Cipolla, aveva la superbia di
                    non voler fare il sindaco neanche se l'accoppavano. - Tutti una manica di
                    borbonici della 
                    <distinct ana="Consorteria">consorteria</distinct>
                    ; dei minchioni che oggi dicono bianco e domani nero,
                    e l'ultimo che parla ha ragione lui. La gente fa bene a strillare con questo
                    governo che ci succhia il sangue peggio di una 
                    <distinct ana="Mignatta">mignatta</distinct>
                    ; ma i denari devono
                    venir fuori per amore o per forza. Qui ci vorrebbe un sindaco di testa e
                    liberale come voi.
                </p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005350" n="VII.83">Lo speziale allora cominciava a dire quel che
                    avrebbe fatto lui, e come aggiustava ogni cosa; e don Silvestro stava ad
                    ascoltarlo zitto ed intento che pareva fosse alla predica. Bisognava pensare
                    anche a rinnovare il Consiglio; padron 'Ntoni non ce lo volevano, perché egli
                    aveva la testa stramba, ed era stato causa della morte di suo figlio
                    Bastianazzo, - un uomo di giudizio colui, se fosse stato vivo! - poi in
                    quell'affare dei lupini aveva fatto mettere la mano nel debito a sua nuora, e
                    l'aveva lasciata in camicia. Se gli interessi del Comune li faceva a quel
                    modo!...</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005360" n="VII.84">Ma intanto se la Signora si affacciava alla
                    finestra, don Franco cambiava discorso, e gridava: - Bel tempo, eh? - ammiccando
                    di nascosto a don Silvestro, per fargli capire quel che ci aveva nello stomaco
                    da dire. - Andate a fidarvi di quel che vuol fare uno che ha paura della moglie!
                    pensava fra di sé don Silvestro. - Padron 'Ntoni era di quelli che si
                    stringevano nelle spalle e se ne andavano coi remi in collo; e al nipote, il
                    quale avrebbe voluto correre in piazza anche lui, a vedere quel che si faceva,
                    gli andava ripetendo:</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005370" n="VII.85">- Tu bada ai fatti tuoi, ché tutti costoro
                    gridano ognuno pel suo interesse, e l'affare più grosso per noi è quello del
                    debito.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005380" n="VII.86">Anche compare Mosca era di quelli che badavano
                    ai fatti propri, e se ne andava tranquillamente, insieme al suo carro, in mezzo
                    alla gente che gridava coi pugni in aria. - A voi non ve ne importa se mettono
                    la tassa del pelo? gli domandava Mena, come lo vedeva arrivare coll'asino tutto
                    ansante e colle orecchie basse. - Sì che me ne importa, ma bisogna camminare per
                    pagarla, la tassa; se no si pigliano il pelo con tutto l'asino, e il carro
                    pure.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005390" n="VII.87">- Dice che vogliono ammazzarli tutti,
                    Gesummaria! Il nonno ha raccomandato di tener la porta chiusa, e non aprire se
                    non tornan loro. Voi andrete ancora via domani?</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005400" n="VII.88">- Io andrò a prendere un carico di calce per
                    mastro Croce Callà!</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005410" n="VII.89">- O cosa ci andate a fare? non lo sapete che è
                    il sindaco, e vi ammazzeranno anche voi?</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005420" n="VII.90">- Egli dice che non gliene importa a lui; che
                    fa il muratore, e deve allestire quel muro della vigna per conto di massaro
                    Filippo, e se non vogliono il dazio della pece, don Silvestro ci penserà lui a
                    qualche altra cosa.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005430" n="VII.91">- Ve l'aveva detto io ch'è tutta roba di don
                    Silvestro! sclamava la Zuppidda, a quale era sempre lì, a soffiare nel fuoco,
                    colla conocchia in mano. È roba di ladri e di gente che non ha nulla da perdere,
                    e non paga nulla col dazio della pece, perché non ha mai avuto nemmeno un pezzo
                    di tavola in mare. - La colpa è di don Silvestro, seguitava poscia a sbraitare
                    di qua e di là, per tutto il paese, e di quell'imbroglione di Piedipapera, il
                    quale non ha barche, e vive alle spalle del prossimo, e tiene il sacco a questo
                    e a quello. - Volete saperne una? Non è vero niente che ha comprato il credito
                    dello zio Crocifisso! È tutta una finzione fra lui e Campana di legno, per
                    spogliare quei poveretti. Piedipapera non li ha mai visti cogli occhi
                    cinquecento lire!</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005440" n="VII.92">
                    Don Silvestro, per sentire quello che dicevasi
                    di lui, andava spesso a comprare qualche sigaro all'osteria, e allora Rocco
                    Spatu, e Vanni Pizzuto, uscivano fuori bestemmiando; o si fermava a
                    chiacchierare collo zio Santoro, tornando dalla vigna, e così venne a sapere
                    tutta la storia della finta compera di Piedipapera; ma lui era «cristiano» con
                    uno stomaco fondo come un pozzo, e metteva tutto là dentro. Egli sapeva il fatto
                    suo, e come Betta l'accoglieva colla bocca spalancata peggio di un cane
                    arrabbiato, e mastro Croce Callà s'era lasciato scappare il detto che a lui non
                    gliene importava, rispose: - Volete scommettere che ora vi pianto? - e non si
                    fece più vedere in casa del sindaco; così ci avrebbero pensato loro a cavarsi
                    d'impiccio, e la Betta non avrebbe potuto più dirgli sul mostaccio che voleva
                    rovinare suo padre Callà, e i suoi consigli erano quelli di Giuda, che aveva
                    venduto Cristo per trenta denari, e così egli voleva riescire a buttar giù il
                    sindaco pei suoi fini, e fare il gallo in paese. Sicché la domenica in cui
                    doveva radunarsi il Consiglio, don Silvestro, dopo la santa messa 
                    <ptr type="media" target="#N_MA_media_Chiesa"/>
                    , andò a
                    ficcarsi nello stanzone del municipio, dove c'era prima il posto della Guardia
                    Nazionale, e si mise tranquillamente a temperare le penne, davanti alla tavola
                    d'abete, per ingannare il tempo, mentre la Zuppidda e le altre comari
                    vociferavano nella strada, filando al sole, e volevano strappare gli occhi a
                    tutti loro.
                </p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005450" n="VII.93">Baco da seta, come corsero a chiamarlo dal muro
                    della vigna di massaro Filippo, s'infilò il giubbone nuovo, si lavò le mani, si
                    spolverò dalla calce, ma non volle muoversi se prima non gli chiamavano don
                    Silvestro. Betta aveva un bel sgridarlo, e spingerlo per le spalle fuori
                    dell'uscio, dicendogli che chi l'aveva preparata la minestra l'avrebbe mangiata,
                    e lui doveva lasciar fare agli altri, purché lo lasciassero star sindaco.
                    Stavolta mastro Callà aveva visto quella folla davanti al municipio, colle
                    conocchie in mano, e puntava i piedi in terra, restio peggio di un mulo. - Non
                    ci vado se non viene don Silvestro! ripeteva con gli occhi fuori della testa; -
                    don Silvestro lo sa trovare, un ripiego.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005460" n="VII.94">- Il ripiego ve lo trovo io - rispondeva Betta.
                    Non lo vogliono il dazio sulla pece? E voi lasciatelo stare.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005470" n="VII.95">- Brava! e i denari di dove si prendono?</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005480" n="VII.96">- Di dove si prendono? Fateli pagare a chi ne
                    ha, allo zio Crocifisso, a mo' d'esempio, o a padron Cipolla, o a Peppi
                    Naso.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005490" n="VII.97">- Brava! se sono loro i consiglieri!</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005500" n="VII.98">- Allora mandateli via e chiamatene degli
                    altri; già non saranno loro che vi faranno restare sindaco quando tutti gli
                    altri non vi vorranno più. Voi dovete far contenti quelli che sono in maggior
                    numero.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005510" n="VII.99">- Ecco come discorrono le donne! Quasi fossero
                    quelli che mi tengono su! Tu non sai nulla. Il sindaco lo fanno i consiglieri, e
                    i consiglieri non possono essere che quelli e non altri. Chi vuoi che facciano?
                    i pezzenti di mezzo alla strada?</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005520" n="VII.100">- Allora lasciate stare i consiglieri e mandate
                    via il segretario, quell'imbroglione di don Silvestro.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005530" n="VII.101">- Brava, e chi lo fa il segretario? chi lo sa
                    fare? Tu o io, o padron Cipolla? sebbene sputi sentenze peggio di un
                    filosofo!</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005540" n="VII.102">Allora la Betta non seppe più che dire, e si
                    sfogò a scaricare ogni sorta d'improperi alle spalle di don Silvestro, ch'era il
                    padrone del paese, e se li teneva tutti in tasca.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005550" n="VII.103">- Brava, soggiunse Baco da seta. Ecco, se non
                    c'è lui io non so cosa dire. Vorrei vederci te nei miei panni!</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005560" n="VII.104">Finalmente arrivò don Silvestro, colla faccia
                    più dura del muro, le mani dietro la schiena, e zufolando un'arietta. - Eh, non
                    vi perdete d'animo, mastro Croce, che non casca il mondo per questa volta! -
                    Mastro Croce da don Silvestro si lasciò menar via e metter alla tavola d'abete
                    del consiglio, col calamaio davanti; ma dei consiglieri non c'erano altri che
                    Peppi Naso il macellaio, tutto unto e colla faccia rossa, che non aveva paura di
                    nessuno al mondo, e compare Tino Piedipapera. - Quello lì non ha nulla da
                    perdere! vociava dall'uscio la Zuppidda, e ci viene per succhiare il sangue alla
                    povera gente, peggio di una sanguisuga, perché vive alle spalle del prossimo, e
                    tiene il sacco a questo e a quello per far le birbonate! Razza di ladri e di
                    assassini!</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005570" n="VII.105">Piedipapera, sebbene volesse far
                    l'indifferente, pel decoro della carica, finì col perdere la pazienza, e si
                    rizzò sulla gamba storta, gridando a mastro Cirino, l'inserviente comunale, il
                    quale era incaricato del buon ordine, e per questo ci aveva il berretto col
                    rosso quando non faceva il sagrestano: - Fatemi tacere quella linguaccia là.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005580" n="nVII.106">- Eh, a voi vi piacerebbe che nessuno parlasse,
                    eh! compare Tino?</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005590" n="VII.107">- Come se tutti non lo sapessero il mestiere
                    che fate, che poi chiudete gli occhi quando 'Ntoni di padron 'Ntoni viene a
                    parlare con vostra figlia Barbara.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005600" n="VII.108">- Gli occhi li chiudete voi, becco che siete!
                    quando vostra moglie fa il comodino alla Vespa, la quale viene tutti i giorni a
                    mettersi sulla vostra porta per cercare Alfio Mosca, e voi altri tenete il
                    candeliere. Bel mestiere! Ma compare Alfio non vuol saperne, ve lo dico io; ci
                    ha pel capo Mena di padron 'Ntoni, e voi altri ci perdete l'olio della lucerna,
                    se la Vespa ve l'ha promesso.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005610" n="VII.109">- Ora vengo a romperti le corna! minacciò
                    Piedipapera, e cominciò ad arrancare dietro la tavola d'abete.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005620" n="VII.110">- Oggi va a finir male! borbottava mastro Croce
                    Giufà.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005630" n="VII.111">- Ohé! ohé! che maniere son queste, vi par
                    d'essere in piazza! urlava don Silvestro. - Volete scommettere che vi caccio
                    fuori tutti a calci? Ora l'aggiusto io questa faccenda.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005640" n="VII.112">La Zuppidda non voleva sentirne affatto
                    d'aggiustarla, e si dibatteva contro don Silvestro il quale la spingeva fuori
                    tirandola pei capelli, e poi se la menò in disparte dietro il rastrello della
                    chiusa.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005650" n="VII.113">- Infine che volete? le disse come furono soli,
                    a voi che ve ne importa se mettono il dazio sulla pece? forse che lo pagate voi
                    o vostro marito? o non devono pagarlo piuttosto quelli che hanno bisogno di far
                    accomodare le loro barche? Sentite a me: vostro marito è una bestia ad essere in
                    collera col municipio, e a far tutto questo chiasso. Ora si devono fare gli
                    assessori nuovi, in cambio di padron Cipolla o di massaro Mariano, che non
                    valgono niente, e si potrebbe metterci vostro marito.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005660" n="VII.114">- Io non ne so nulla, rispose la Zuppidda,
                    calmatasi tutt'a un tratto. - Io non me ne immischio negli affari di mio marito.
                    So che si mangia le mani dalla collera - Io non posso far altro che andare a
                    dirglielo, se la cosa è certa.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005670" n="VII.115">- Andate a dirglielo, è certo come è certo Dio,
                    vi dico! Siamo galantuomini o no? santissimo diavolo!</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005680" n="VII.116">
                    La Zuppidda partì correndo a prendere suo
                    marito, il quale stava rincantucciato nel cortile a 
                    <distinct ana="#Cardare">cardar</distinct>
                     stoppa, pallido come
                    un morto, e non voleva escire per tutto l'oro del mondo, gridando che gli
                    facevano fare qualche sproposito, santo Dio!
                </p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005690" n="VII.117">Per aprire il sinedrio, e vedere che pesci si
                    pigliavano, ci mancava ancora padron Fortunato Cipolla, e massaro Filippo
                    l'ortolano, i quali non spuntavano mai, sicché la gente incominciava ad
                    annoiarsi, tanto che le comari s'erano messe a filare lungo il muricciuolo della
                    chiusa.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005700" n="VII.118">Infine mandarono a dire che non venivano perché
                    avevano da fare; e il dazio, se volevano, avrebbero potuto metterlo senza di
                    loro. - Il discorso di mia figlia Betta tale e quale! brontolava mastro Croce
                    Giufà.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005710" n="VII.119">- Allora fatevi aiutare da vostra figlia Betta!
                    esclamò don Silvestro. Baco da seta non fiatò più e continuò a masticarsi fra i
                    denti il suo brontolìo. - Ora, disse don Silvestro, vedrete che i Zuppiddi
                    verranno loro stessi a dire che mi danno la Barbara, ma voglio farmi pregare,
                    io.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005720" n="VII.120">La seduta fu sciolta senza concludere nulla. Il
                    segretario voleva un po' di tempo per prender lume; in questo mentre era suonato
                    mezzogiorno e le comari se n'erano andate leste leste. Le poche che erano
                    rimaste, come videro mastro Cirino chiudere la porta e mettersi la chiave in
                    tasca, se ne andarono anch'esse pei fatti loro di qua e di là, chiacchierando
                    degli improperii che s'erano detti Piedipapera e la Zuppidda.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005730" n="VII.121">La sera 'Ntoni di padron 'Ntoni seppe quelle
                    chiacchiere, e sacramento! voleva fargli vedere che era stato soldato, a
                    Piedipapera! Lo incontrò giusto che veniva dalla sciara, vicino alla casa dei
                    Zuppiddi, con quel suo piede del diavolo, e cominciò a dirgli il fatto suo, che
                    era una carogna, e si guardasse bene dal dir male dei Zuppiddi e di quel che
                    facevano, che lui non ci aveva nulla a vedere. Piedipapera non aveva la lingua
                    in tasca - O che ti pare che sei venuto da lontano a fare lo spaccamontagne,
                    qui?</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005740" n="VII.122">- Son venuto a rompervi le corna, se aggiungete
                    altro. - Alle grida la gente si era affacciata sugli usci, e si era radunata una
                    gran folla; sicché si azzuffarono perbene, e Piedipapera, il quale ne sapeva più
                    del diavolo, si lasciò cadere a terra tutto in un fascio con 'Ntoni Malavoglia,
                    che così non valevano a nulla le gambe buone, e si avvoltolarono nel fango,
                    picchiandosi e mordendosi come i cani di Peppi Naso, tanto che 'Ntoni di padron
                    'Ntoni dovette ficcarsi nel cortile dei Zuppiddi, perché aveva la camicia tutta
                    stracciata, e Piedipapera lo condussero a casa insanguinato come Lazzaro.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005750" n="VII.123">- Sta a vedere! strepitava ancora comare
                    Venera, dopo che ebbero chiusa la porta sul naso ai vicini, sta a vedere che in
                    casa mia non sono padrona di fare quello che mi pare e piace. Mia figlia la do a
                    chi vogl'io.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005760" n="VII.124">La ragazza, tutta rossa, s'era rifugiata in
                    casa, col cuore che gli batteva come un pulcino.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005770" n="VII.125">- Ti ha mezzo strappata quest'orecchia! diceva
                    compare Turi versando adagio dell'acqua sulla testa di 'Ntoni. Morde peggio di
                    un cane corso, compare Tino!</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005780" n="VII.126">'Ntoni aveva ancora il sangue agli occhi, e
                    voleva fare un precipizio.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005790" n="VII.127">- Sentite, comare Venera, disse allora davanti
                    a tutto il mondo, per me se non mi piglio vostra figlia non mi marito più. - E
                    la ragazza sentiva dalla camera. - Questi non son discorsi da farsi ora, compare
                    'Ntoni; ma se vostro nonno dice di sì, io per me non vi cambio per Vittorio
                    Emanuele. - Compare Zuppiddu intanto stava zitto e gli dava un pezzo di
                    salvietta per asciugarsi; dimodoché 'Ntoni quella sera se ne andò a casa tutto
                    contento.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005800" n="VII.128">
                    Ma i poveri Malavoglia, come avevano saputo
                    della sua rissa con Piedipapera, si aspettavano di momento in momento l'usciere
                    che venisse a scacciarli dalla casa, giacché Pasqua era lì vicina, e dei denari
                    del debito, a gran stento, ne avevano raccolto appena una metà.
                    <ptr type="media" target="#N_MA_media_This_is_fine"/>
                </p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005810" n="VII.129">- Vedi quel che vuol dire bazzicare dove ci son
                    ragazze da marito! diceva a 'Ntoni la Longa. Ora tutta la gente parla dei fatti
                    vostri. E mi dispiace per la Barbara.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005820" n="VII.130">- Ed io me la piglio! disse allora 'Ntoni.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005830" n="VII.131">- Te la pigli? esclamò il nonno. - Ed io chi
                    sono? e tua madre non conta per nulla? Quando tuo padre prese moglie, ed è
                    quella che vedi là, me lo fece dire a me prima. - Allora viveva tua nonna, e
                    venne a parlarmene nell'orto, sotto il fico. Ora non si usano più queste cose, e
                    i vecchi non servono a nulla. Un tempo si soleva dire «ascolta i vecchi e non la
                    sbagli». Prima deve maritarsi tua sorella Mena; lo sai questo?</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005840" n="VII.132">- Maledetta la mia sorte! cominciò a gridare
                    'Ntoni strappandosi i capelli e pestando i piedi. Tutto il giorno a lavorare!
                    all'osteria non ci vado! e in tasca non ho mai un soldo! Ora che mi son trovata
                    la ragazza che mi ci vuole, non posso prenderla. perché son tornato dunque da
                    soldato?</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005850" n="VII.133">- Senti! gli disse il nonno rizzandosi su a
                    stento pei dolori che gli mangiavano la schiena.</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005860" n="VII.134">- Va a dormire che è meglio. Questi discorsi
                    non dovresti farceli mai davanti a tua madre!</p>
                
                
                <p xml:id="MA_0005870" n="VII.135">- Mio fratello Luca sta meglio di me a fare il
                    soldato! brontolò 'Ntoni nell'andarsene.</p>
                
            
            </div>
            
        
        </body>
        
        
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            <list type="nota_media">
                
                
                <item xml:id="N_MA_media_Ntoni_Barbara">
                    
                    
                    <label>'Ntoni e Barbara</label>
                    
                    
                    <media type="video" mimeType="mp4" url="https://drive.google.com/file/d/1oV_0kDkvKcBKR61CRRGqfxgEVHJAUa9M/view?usp=drive_link"/>
                    
                    
                    <desc> Il video fa riferimento a un meme circolante su vari social (TikTok, Instagram). E' tratto 
                        da un episodio del programma &quot;Una Pezza di Lundini&quot; in cui l'attrice e comica Emanuela Fanelli, 
                        durante una delle gag frequenti nel programma, gesticola in silenzio. 
                        Il meme rappresenta la conversazione sottintesa tra 'Ntoni e Barbara. </desc>
                    
                
                </item>
                
                
                <item xml:id="N_MA_media_Casa_del_nespolo">
                    
                    
                    <label>Casa del Nespolo</label>
                    
                    
                    <media type="posizione" mimeType="link" url="https://maps.app.goo.gl/YR1M5NZdQ44w9yAM9"/>
                    
                    
                    <desc> Posizione Google Maps del Museo Casa del Nespolo. La Casa del Nespolo citata nel romanzo è oggi un museo
                        visitabile in località Aci Trezza (link al sito del museo Casa del Nespolo: http://acicastello.turismo.comunelive.it/dove-andare/museo-casa-del-nespolo/). </desc>
                    
                
                </item>
                
                
                <item xml:id="N_MA_media_Chiesa">
                    
                    
                    <label>Chiesa Parrocchiale di San Giovanni Battista</label>
                    
                    
                    <media type="posizione" mimeType="link" url="https://maps.app.goo.gl/61rK2s3Y5BRPLxxr8"/>
                    
                    
                    <desc> Posizione Google Maps della Chiesa Parrocchiale di San Giovanni Battista in località Aci Trezza.</desc>
                    
                
                </item>
                
                
                <item xml:id="N_MA_media_Porto">
                    
                    
                    <label>Porto di Acitrezza</label>
                    
                    
                    <media type="posizione" mimeType="link" url="https://maps.app.goo.gl/bjasMDYukQMTQKTM9"/>
                    
                    
                    <desc> Posizione Google Maps del Porto di Acitrezza. Link di collegamento a una cartella con all'interno delle immagini 
                        scattate in passato da noi: https://drive.google.com/drive/folders/1QgrAjFSLb-TYjAMthsvoQxOULO6cYTnv?usp=sharing. </desc>
                    
                
                </item>
                
                
                <item xml:id="N_MA_media_Riviera_dei_ciclopi">
                    
                    
                    <label>Riviera dei Ciclopi</label>
                    
                    
                    <media type="posizione" mimeType="link" url="https://g.co/kgs/J8SDbbm"/>
                    
                    
                    <desc> Posizione Google Maps della Riviera dei Ciclopi, un tratto di litorale situato ad Aci Trezza da cui si possono
                        ammirare le Isole Ciclopi, nate, secondo il mito, dall'ira di Polifemo. In allegato il link alla cartella contenente
                        immagini della Riviera dei Ciclopi https://drive.google.com/drive/folders/1uy3ZPrS5ViP3_pJ6fA1mLeOgPlq_rF3o?usp=sharing
                        (link alla pagina dedicata alla Riviera dei Ciclopi sul sito Aci Castello Cultura e Turismo: 
                        http://acicastello.turismo.comunelive.it/la-riviera-dei-ciclopi/).</desc>
                    
                
                </item>
                
                
                <item xml:id="N_MA_media_Fontana_dei_malavoglia">
                    
                    
                    <label>Fontana dei Malavoglia</label>
                    
                    
                    <media type="posizione" mimeType="link" url="https://maps.app.goo.gl/qyDyD2RevxPu9y5c6"/>
                    
                    
                    <desc> Posizione Google Maps della Fontana dei Malvoglia realizzata dallo scultore catanese Carmelo Mendola. In allegato 
                    il link all'articolo della testata giornalistica Balarm sulla storia della fontana https://www.balarm.it/news/una-meraviglia-monumentale-che-narra-una-tragedia-la-fontana-dei-malavoglia-a-catania-126127.</desc>
                    
                
                </item>
                
                
                <item xml:id="N_MA_media_Compare_Zuppiddu">
                    
                    
                    <label>Compare Zuppiddu</label>
                    
                    
                    <media type="image" mimeType="jpg" url="https://drive.google.com/file/d/1HlbOwKOHLeBrUvh9KYZfPPvrByGao49h/view?usp=drive_link"/>
                    
                    
                    <desc> L'immagine fa riferimento al meme 'Gigachad' molto virale sulle piattaforme. 
                        Il meme raffigura l'ego di Mastro Turi Zuppiddu. Il termine Chad, con accezione dispregiativa, si riferisce
                    ad un uomo che rappresenta lo stereotipo del &quot;maschio alpha&quot; ed è emblema della mascolinità tossica.</desc>
                    
                
                </item>
                
                
                <item xml:id="N_MA_media_Gallina_nera">
                    
                    
                    <label>Gallina nera</label>
                    
                    
                    <media type="image" mimeType="jpg" url="https://drive.google.com/file/d/16SnuJ290Tw3AA0J_2BYUyVJnDlWCh0o8/view?usp=drive_link"/>
                    
                    
                    <desc> L'immagine fa riferimento a un meme molto diffuso sui social, in cui è raffigurata una città ideale e utopica.
                        Il meme rappresenta la vita perfetta e ideale dei Malavoglia, una vita possibile se avessero ascoltato il canto 
                        della gallina nera che la Longa afferma di aver sentito al momento dell'accordo sui lupini con zio Crocifisso.</desc>
                    
                
                </item>
                
                
                <item xml:id="N_MA_media_Provvidenza_rattoppata">
                    
                    
                    <label>Provvidenza rattoppata</label>
                    
                    
                    <media type="image" mimeType="jpg" url="https://drive.google.com/file/d/1sYhnxYld49q41aITu8YjWPRCtNMLeL20/view?usp=drive_link"/>
                    
                    
                    <desc> L'immagine fa riferimento a un meme circolante sui social in cui viene risolto un problema.
                    Il meme richiama sia alla capacità di Mastro Turi Zuppiddu di riparare la Provvidenza, sia alla
                    Provvidenza 'rattoppata' (vista la presenza del nastro come strumento per risolvere il problema).</desc>
                    
                
                </item>
                
                
                <item xml:id="N_MA_media_This_is_fine">
                    
                    
                    <label>This is fine meme</label>
                    
                    
                    <media type="gif" mimeType="gif" url="https://drive.google.com/file/d/1MA9vXcGPBfJ-6D2_MiHlUnplrRMLW_VY/view?usp=drive_link"/>
                    
                    
                    <desc>L'immagine fa riferimento a un meme circolante sui social in cui il protagonista finge che vada tutto bene
                    mentre tutto attorno a lui è in fiamme.
                    Il meme rappresenta la situazione dei Malavoglia, aggravata dalla rissa tra 'Ntoni e Piedipapera.</desc>
                    
                
                </item>
                
                
                <item xml:id="N_MA_media_Cantiere_navale">
                    
                    
                    <label>Rodolico storico cantiere navale</label>
                    
                    
                    <media type="posizione" mimeType="link" url="https://maps.app.goo.gl/rT1j2mrXhKtTs6cp8"/>
                    
                    
                    <desc>Posizione Google Maps del cantiere navale storico Rodolico in località Aci Trezza. 
                        Nonostante non sia direttamente collegato al romanzo, è un luogo ricco di storia in cui è forte il richiamo alla 
                        vita della gente di mare narrata da Verga. In allegato una cartella contenente foto scattate nel cantiere navale 
                        https://drive.google.com/drive/folders/1v8ssVL3KuOyarxB-gDpqqDs7jx6bO8gI?usp=drive_link (link ai canali social del 
                        cantiere navale Rodolico: https://www.instagram.com/cantierenavalerodolico/ https://www.facebook.com/p/Cantiere-Navale-Rodolico-Acitrezza-100057614831271/?locale=it_IT
                        e alla pagina dedicata al cantiere sul sito Aci Castello Cultura e Turismo: http://acicastello.turismo.comunelive.it/cantiere-navale-rodolico-acitrezza/).</desc>
                    
                
                </item>
                
                
                <item xml:id="N_MA_media_Aci_Trezza">
                    
                    
                    <label>Aci Trezza</label>
                    
                    
                    <media type="posizione" mimeType="link" url="https://maps.app.goo.gl/mmSqMurNyhAUzFcT7?g_st=iw"/>
                    
                    
                    <desc> Posizione Google Maps di Aci Trezza. 
                        In allegato il link alla pagina dedicata ad Aci Trezza sul sito Aci Castello Cultura e Turismo: http://acicastello.turismo.comunelive.it/dove-andare/acitrezza/.</desc>
                    
                
                </item>
                
                
                <item xml:id="N_MA_media_murales_Ognina">
                    
                    
                    <label>Murales Malavoglia Ognina</label>
                    
                    
                    <media type="posizione" mimeType="link" url="https://maps.app.goo.gl/oJkBmuq45DxsWw1J6"/>
                    
                    
                    <desc> Posizione Google Maps del murales de I Malavoglia in località Ognina. 
                        Link a una cartella drive contente foto del Murales: https://drive.google.com/drive/folders/1EdNeYIyiW_jjO3426JFWX81cSfLlrqEe?usp=drive_link.</desc>
                    
                
                </item>
                
                
                <item xml:id="N_MA_media_La_rivolta_di_Aci_Trezza">
                    
                    
                    <label>Gioco interattivo 'La rivolta di Aci Trezza</label>
                    
                    
                    <media type="game" mimeType="link" url="https://view.genially.com/678fa461cb9b3b258db71225/interactive-content-la-rivolta-di-aci-trezza"/>
                    
                    
                    <desc> Gioco narrativo interattivo ispirato all'avvenimento della rivolta per il dazio sulla pece. Il gioco è stato strutturato sulla piattaforma
                    Genially, le immagini sono state generate con l'ausilio dell'IA.</desc>
                    
                
                </item>
                
            
            </list>
            
        
        </back>
        
    
    </text>
    

</TEI>