Visualizzazione TEI/XML: Il Castello dei Destini Incrociati

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    <title>Il Castello dei Destini Incrociati </title>
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     <resp>a cura di</resp>
     <name>Eredi Calvino</name>
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    <p>2015</p>
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    <bibl>
     <author>Italo Calvino</author>
     <publisher> Mondadori Libri S.p.A.</publisher>
     <pubPlace>Milano</pubPlace>
     <date>2015</date>
     <idno type="ISBN">978-88-04-66794-0</idno>
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     <person xml:id="RediBastoni">
      <persName>Re di Bastoni</persName>
      <note>Il re di bastoni siede sul trono, il suo mantello è sistemato alla sua sinistra e la mano destra tiene saldamente il bastone, simbolo del suo potere, mentre la sinistra è libera e pronta ad agire. La salamandra che si trova ai suoi piedi è sull’attenti. Il trono, modesto rispetto a quello degli altri re, si trova su un piedistallo di pietra, e tutto intorno c’è solo il cielo e terra arida, monito del potere distruttivo del fuoco.

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     <person xml:id="DuediDenari">
      <persName>Due di Denari</persName>
      <note>Un ragazzo sta danzando mentre si destreggia a fare il giocoliere con 2 monete.  Il segno dell’infinito, già visto in carte come la Forza o il Mago, compare sotto forma di fascia verde. Sullo sfondo due barche cavalcano le onde. Indossa un cappello molto grande e rosso, il vestito arancione è un misto tra il rosso e il giallo.
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     <person xml:id="FantediCoppe">
      <persName>Fante di Coppe</persName>
      <note>Il fante di coppe si trova su una spiaggia, mentre sorregge una coppa da cui fuoriesce un pesce. Sullo sfondo si vede un cielo grigio ed un mare con molte onde. Ha una tunica azzurra con dei motivi floreali bianchi e la camicia e le braghe rosse.
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     <person xml:id="Diavolo">
      <persName>Diavolo</persName>
      <note>XV - Il Diavolo (Le Diable). Un essere cornuto dal viso sghignazzante, le ali di pipistrello, i seni femminili, i genitali maschili, le gambe caprine, sta in cima a un piccolo ceppo a cui sono legati due diavoletti. Gli zoccoli e il ghigno osceno sono mutuati dalle classiche immagini greche del dio Pan. 
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     <person xml:id="ReginadiCoppe">
      <persName>Regina di Coppe</persName>
      <note>La regina di coppe raffigura una donna seduta su un trono mentre è intenta a scrutare intensamente la coppa che tiene in mano. Il trono si trova sulla riva al mare, e presenta simboli legati all’acqua come tritoni, pesci e conchiglie. Indossa un vestito bianco. Il suo piede non è a contatto diretto con l’acqua, ma con i ciottoli che vengono periodicamente bagnati da essa.
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     <person xml:id="ReginadiSpade">
      <persName>Regina di Spade</persName>
      <note>La regina di spade siede su un trono rivolta verso destra e il suo sguardo non guarda chi fa la lettura dei tarocchi. La spada che tiene nella mano destra è perfettamente dritta; la mano sinistra invita ad avvicinarsi. Indossa un bracciale nel polso sinistro e il vestito è bianco. L’appartenenza all’elemento dell’aria viene confermata da 3 simboli: il mantello in cui vengono rappresentate delle nuvole in un cielo azzurro, il trono e la corona.
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      </note>
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     <person xml:id="Papessa">
      <persName>Papessa</persName>
      <note>II - La Papessa (La Papesse). È forse una delle figure che ha dato luogo a maggiori discussioni, dal momento che nessuna donna ha mai avuto accesso al soglio di Pietro. In taluni mazzi è stata sostituita da Divinità o altre carte. La donna ha un triregno in capo, è seduta su un trono ricoperto da un velo e ha in mano un libro aperto.
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      </note>
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     <person xml:id="Papa">
      <persName>Papa</persName>
      <note>V - Il Papa (Le Pape). Seduto in posizione frontale, il Pontefice col Triregno regge un pastorale a croce con tre traverse. Ai suoi piedi, di statura notevolmente inferiore, sono inginocchiati due chierici. Il Papa ha la barba canuta, probabile allusione alla sua saggezza.
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      </note>
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     <person xml:id="FantediDenari">
      <persName>Fante di Denari</persName>
      <note>Il fante di denari si trova in un campo verde e fertile, in cui si trovano anche fiori, degli alberi e una montagna in lontananza. Il ragazzo sta contemplando una moneta.  I suoi vestiti sono caratterizzati dal verde e il rosso mentre il cappello e la sciarpa sono rossi. Sullo sfondo sono raffigurate delle montagne e il sole.
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      </note>
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     <person xml:id="DuediBastoni">
      <persName>Due di Bastoni</persName>
      <note>Il due di bastoni mostra un uomo, vestito di rosso, che tiene nella mano destra un globo e nella sinistra un bastone. L’altro bastone è fissato a un anello nel muro. Tiene in mano letteralmente il mondo. Sullo sfondo vediamo che il paesaggio è fertile ma anche molto montagnoso.
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      </note>
     </person>
     <person xml:id="AssodiBastoni">
      <persName>Asso di Bastoni</persName>
      <note>L’asso di bastoni raffigura una mano che emerge da una nuvola bianca. Questa mano ci porta un dono: un bastone. Al di sotto si trova una valle in cui passa un fiume.In lontananza si può notare un castello in cima a una collinae delle montagne.
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      </note>
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     <person xml:id="AssodiSpade">
      <persName>Asso di Spade</persName>
      <note>L’asso di spade raffigura una mano abbagliante che emerge da una nuvola bianca. Ci porta un dono: una spada verticale e una corona avvolta da una corona sulla punta della lama. È presente il simbolo ebraico Yod, che rappresenta  la scintilla divina da cui le idee geniali ed improvvise sembrano arrivare.
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      </note>
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     <person xml:id="Matto">
      <persName>Matto</persName>
      <note>Il Matto (Le Fou o Le Mat). La lama non è numerata e può essere inserita sia all'inizio sia alla fine del mazzo. Un giullare girovago, col cappello a sonagli, che regge su una spalla un fagottino con le sue poche cose, si avvia verso una strada non meglio identificata, rincorso da un cane che gli sta lacerando una calza. Una figura analoga si trova nel tarocco del Mantegna, ma è chiamato il Misero.
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      </note>
     </person>
     <person xml:id="Morte">
      <persName>Morte</persName>
      <note>XIII - La Morte (a volte lasciata senza scritta). Uno scheletro con una falce cammina in un campo cosparso di mani e di teste. La figura è collegata con l'iconografia medievale del Trionfo della Morte molto diffusa nel Medioevo e nel Rinascimento, in cui uno o più scheletri si trascinano, in fila o in una danza macabra, regnanti, Papi e altri soggetti solitamente di alto livello sociale.
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      </note>
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     <person xml:id="RuotadellaFortuna">
      <persName>Ruota della Fortuna</persName>
      <note>X - La Ruota della Fortuna (La Roue de Fortune). Questa immagine, largamente conosciuta e rappresentata nel Medioevo, raffigura una ruota sormontata da una sfinge alata con corona e spada, con due esseri mezzo uomo e mezzo animale arrampicati ai suoi lati. Già in epoca medievale la Ruota era usata per ricordare la vanità delle conquiste e dei beni terreni.
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      </note>
     </person>
     <person xml:id="Imperatore">
      <persName>Imperatore</persName>
      <note>IV - L'Imperatore (L'Empereur). Un uomo barbuto, seduto in trono di profilo, con una gamba incrociata sull'altra, regge uno scettro con la destra. Sotto al Trono è appoggiato uno scudo con un'aquila araldica. La carta è evidentemente collegata col potere terreno.
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      </note>
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     <person xml:id="ReginadiDenari">
      <persName>Regina di Denari</persName>
      <note>La regina di denari si trova in un fertile giardino e guarda in modo il denaro che tiene tra le mani. Il trono è decorato con sculture di frutta, alberi, arieti. Le vesti della regina di denari sono bianche, rosse e verdi.
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      <persName>Giudizio</persName>
      <note>XX - Il Giudizio (Le Jugement). Un angelo esce da un nembo colorato suonando la tromba, mentre tre piccoli corpi sorgono da un avello. Anche questa immagine, frequentissima nel Medioevo, può farsi risalire ai numerosi miti sulla fine del mondo presenti in molte religioni antiche. Il più importante riferimento è certamente l'Apocalisse di Giovanni, ultimo libro del Nuovo Testamento. Questa carta corrisponde all'Angelo di altri mazzi da gioco.
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      <persName>Angelo</persName>
      <note>XX - Il Giudizio (Le Jugement). Un angelo esce da un nembo colorato suonando la tromba, mentre tre piccoli corpi sorgono da un avello. Anche questa immagine, frequentissima nel Medioevo, può farsi risalire ai numerosi miti sulla fine del mondo presenti in molte religioni antiche. Il più importante riferimento è certamente l'Apocalisse di Giovanni, ultimo libro del Nuovo Testamento. Questa carta corrisponde all'Angelo di altri mazzi da gioco.
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     <person xml:id="Eremita">
      <persName>Eremita</persName>
      <note>IX - L'Eremita (L'Ermite). Un vecchio barbuto, appoggiandosi ad un bastone, avanza reggendo una lampada. Non si può fare a meno di pensare a Diogene che, reggendo una lampada affermava di cercare l'uomo.
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      </note>
     </person>
     <person xml:id="Carro">
      <persName>Carro</persName>
      <note>VII - Il Carro (Le Chariot). Un carro visto in modo rigidamente frontale, è condotto da un giovane guerriero incoronato, mentre trattiene saldamente due cavalli, uno blu ed uno rosso, che tendono a scartare in posizioni opposte.
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     <person xml:id="Mondo">
      <persName>Mondo</persName>
      <note>XXI - Il Mondo (Le Monde). La carta rappresenta una donna seminuda che regge due bastoncini nelle mani. Essa è circondata da una mandorla di foglie, mentre ai quattro lati della carta compaiono i simboli Tetramorfi degli Evangelisti: un Angelo (San Matteo) un'Aquila (San Giovanni) un Toro (San Luca) e un Leone (San Marco). La carta compendia, se pur in forma elementare due figure geometriche, il cerchio e il quadrato, che erano considerate il simbolo della perfezione.
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      </note>
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     <person xml:id="CavalierediSpade">
      <persName>Cavaliere di Spade</persName>
      <note>Il Cavaliere di Spade è un soggetto intriso di carica spirituale e intellettuale. Incarna un giovane energico, sui trent’anni, già insignito di poteri esecutivi. Può essere un militare, un uomo di comando, un avvocato, oppure un profeta.
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      </note>
     </person>
     <person xml:id="Bagatto">
      <persName>Bagatto</persName>
      <note>I - Il Bagatto (le Bateleur). La parola ha origini latine e sta ad indicare «figura da poco», «bagatella», cosa di nessun conto. Rappresenta un giovane uomo con un grande cappello e abiti vistosi, posto in piedi davanti a un tavolo, su cui figurano monete, vasetti, dadi, coltelli, una borsa. L'uomo regge nella mano sinistra un bastone dorato.
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     </person>
     <person xml:id="Amore">
      <persName>Amore</persName>
      <note>VI - L'innamorato (L'Amoureux). Sotto un grande cupido alato, pronto a scoccare la sua freccia, un giovane sta in piedi tra due figure femminili, una vestita più poveramente dell'altra. I critici sono concordi nell'identificare questa lama col mito di Ercole, che dovette scegliere tra Vizio e Virtù.
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      </note>
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    </listPerson>
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     <place xml:id="scrittorio">
      <placeName>scrittorio</placeName>
      <note>Lo scrittoio è stato marcato come luogo per indicare metaforicamente lo spazio di ritiro dell'autore; è stato identificato come il luogo dove l'autore può lavorare ai propri scritti.
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      <placeName>me stesso</placeName>
      <note>Questo termine è stato evidenziato per il suo significato metaforico. Nella sezione di interesse vi è una ricerca introspettiva, per questo motivo "me stesso" viene considerato come luogo.</note>
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      <placeName>banco da fiera</placeName>
      <note>Il banco da fiera viene comunemente inteso come "vetrina" dove esporre i propri prodotti. Il termine è stato marcato perché nel testo è stato indicato come lo spazio dove l'autore può esporre - tramite l'utilizzo dei tarocchi - il racconto creato.</note>
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      <orgName>tarocchi</orgName>
      <note>I tarocchi vengono considerati come organizzazione prendendo il considerazione la marcatura delle singole carte come "persone". Secondo questo principio "tarocchi" può essere considerata l'unione in un'organizzazione delle singole carte.</note>
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       <objectName>carte</objectName>
      </objectIdentifier>
      <note>Il termine è stato scelto per il singnificato in correlazione alle carte dei tarocchi.
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       <objectName>stilo</objectName>
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      <note>Lo stilo è un oggetto sottile e allungato usato per disegnare o scrivere; se nell'antichità il termine indicava un utensile dedito alla scrittura o disegno, nella modernità viene ricondotto a una penna. Il termine è stato scelto per la sua correlazione al mondo della scrittura e, di conseguenza, all'emisfero dell'autore. </note>
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      <note>Il termine è stato scelto per il suo rapporto con il mondo della scrittura. 
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      <note>Il termine è stato scelto per il suo rapporto con il mondo della scrittura. 
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      <note>Il termine Il termine è stato scelto per il suo rapporto con il mondo della scrittura; in particolare "ghirigoro" sembra un elemento quasi ricorrente nelle opere dell'autore come, ad esempio, nel "Il Barone Rampante".</note>
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   <head>Anch'io cerco di dire la mia</head>
   <p> Anch'io cerco di dire la mia. </p>
   <p> Apro la bocca, cerco d'articolare parola, mugolo, sarebbe il momento di dire la mia, è chiaro che le 
    <objectName ref="#carte">carte</objectName> 
	di questi due sono pure quelle della mia storia, la storia che m'ha portato fin qui, una serie di brutti incontri che forse è solo una serie d'incontri mancati. 
   </p>
   <p> Per cominciare devo richiamare l'attenzione sulla carta detta del 
    <persName ref="#RediBastoni">Re di Bastoni </persName>
	, in cui si vede seduto un personaggio che se nessun altro lo reclama potrei bene essere io: tanto più che regge un arnese puntuto con la punta in giù, come io sto facendo in questo momento, e difatti questo arnese a guardarlo bene somiglia a uno 
    <objectName ref="#stilo">stilo</objectName> 
	o 
    <objectName ref="#calamo">calamo</objectName> 
	o 
    <objectName ref="#matita">matita</objectName> 
	ben temperata o 
    <objectName ref="#penna">penna</objectName> 
	a sfera, e se appare di grandezza sproporzionata sarà per significare l'importanza che il detto arnese 
    <placeName ref="#scrittoio">scrittoio</placeName> 
	ha nell'esistenza del detto personaggio sedentario. Per quel che so, è proprio il filo nero che esce da quella punta di scettro da poche lire la strada che m'ha portato fin qui, e non è escluso dunque che 
    <persName ref="#RediBastoni">Re di Bastoni</persName> 
	sia l'appellativo che mi spetta, e in tal caso il termine Bastoni vada inteso nel senso delle aste che fanno i bambini a scuola, primo balbettio di chi prova a comunicare tracciando dei segni, o nel senso di legni di pioppo da cui s'impasta la bianca cellulosa e se ne sfogliano risme di pagine pronte per essere (e ancora i significati s'incrociano) vergate. 
   </p>
   <p> Il 
    <persName ref="#DuediDenari">Due di Denari</persName> 
	anche per me è un segno di scambio, di quello scambio che è in ogni segno, dal primo 
    <objectName ref="#ghirigoro">ghirigoro</objectName> 
	tracciato in modo da distinguersi dagli altri ghirigori del primo scrivente, il segno di scrittura imparentato con gli scambi d'altra roba, non per niente inventato dai fenici, coinvolto nella circolazione del circolante come le monete d'oro, la 
    <objectName ref="#lettera">lettera</objectName>
	che non va presa alla lettera, la 
    <objectName ref="#lettera">lettera</objectName>
	che trasvaluta i valori che senza 
    <objectName ref="#lettera">lettera</objectName>
	non valgono niente, la 
    <objectName ref="#lettera">lettera</objectName>
	sempre pronta a crescere su se stessa e a ornarsi dei fiori del sublime, vedila qui istoriata e fiorita sulla sua superficie significante, la 
    <objectName ref="#lettera">lettera</objectName>
	elemento primo delle Belle Lettere, pur sempre avvolgendo nelle sue spire significanti il circolante del significato, la 
    <objectName ref="#lettera">lettera</objectName>
	Esse che serpeggia per significare che è lì pronta a significare significati, il segno significante che ha la forma di un Esse perché i suoi significati prendano forma di esse pure loro. 
   </p>
   <p> E tutte quelle coppe non sono altro che 
    <objectName ref="#calamai">calamai</objectName>
	prosciugati aspettando che nel buio dell'inchiostro vengano a galla i demoni le potenze infere i babau gli inni alla notte i fiori del male i cuori della tenebra, oppure vi plani l'angelo melanconico che distilla gli umori dell'anima e travasa stati di grazia e epifanie. Invece niente. Il 
    <persName ref="#FantediCoppe">Fante di Coppe </persName> 
	mi ritrae mentre mi chino a scrutare dentro l'involucro di 
    <placeName ref="#mestesso">me stesso</placeName> 
	; e non ho l'aria soddisfatta: ho un bel scuotere e spremere, l'anima è un 
    <objectName ref="#calamaio">calamaio</objectName> 
	asciutto. Quale Diavolo vorrà prenderla in pagamento per assicurarmi la riuscita dell'opera? 
   </p>
   <p> Il 
    <persName ref="#Diavolo">Diavolo</persName> 
	dovrebb'essere la 
    <objectName ref="#carta">carta</objectName> 
	che nel mio mestiere s'incontra più sovente: la materia prima dello scrivere non è tutto un risalire alla superficie di grinfie pelose, azzannamenti cagneschi, cornate caprine, violenze impedite che annaspano nel buio? Ma la cosa può essere vista in due modi: che questo brulicare demoniaco all'interno delle persone singole e plurali, nelle cose fatte o credute di fare, e nelle parole dette o credute di dire, sia un modo di fare e di dire che non sta bene, e convenga ricacciare tutto giù, oppure sia invece ciò che più conta e visto che c'è sia consigliabile farlo venir fuori; due modi di vedere la cosa poi a loro volta variamente mescolati, perché potrebb'essere che il negativo per esempio sia negativo ma necessario perché senza di quello il positivo non è positivo, oppure che non sia negativo affatto mentre il solo negativo caso mai è quello che si crede positivo. 
   </p>
   <p> In questo caso all'uomo che scrive non resta che un modello impareggiabile cui tendere: il Marchese tanto diabolico da esser detto divino, che ha spinto la parola a esplorare i confini neri del pensabile. (E la storia che dovremo cercare di leggere in questi 
    <orgName ref="#tarocchi">tarocchi</orgName> 
	sarà quella di due sorelle che potrebbero essere la 
    <persName ref="#ReginadiCoppe">Regina di Coppe</persName> 
	e la 
    <persName ref="#ReginadiSpade">Regina di Spade</persName> 
	, una angelica e l'altra perversa. Nel convento dove la prima ha preso il velo, appena lei si volta un 
    <persName ref="#Eremita">Eremita</persName>
	la butta sotto e approfitta delle sue grazie alle sue spalle; a lei che se ne lagna, la badessa o 
    <persName ref="#Papessa">Papessa</persName> 
	dice:- Tu non conosci il mondo, Giustina: il potere del Denaro e della Spada gode soprattutto a rendere cose gli altri esseri umani; la varietà dei piaceri non ha limiti, come le combinazioni dei riflessi condizionati; tutto sta a decidere chi condiziona i riflessi. Tua sorella Giulietta può iniziarti ai promiscui segreti dell'Amore; da lei potrai imparare che c'è chi gode a far girare la Ruota dei supplizi e chi a stare Appeso per i piedi). 
   </p>
   <p> Tutto questo è come un sogno che la parola porta in sé e che passando attraverso chi scrive si libera e lo libera. Nella scrittura ciò che parla è il represso. E allora Il 
    <persName ref="#Papa">Papa</persName> 
	dalla barba bianca potrebbe essere il gran pastore d'anime e interprete di sogni Sigismondo di Vindobona, e per averne conferma non c'è che verificare se da qualche parte del quadrato dei 
    <orgName ref="#tarocchi">tarocchi</orgName> 
	si riesce a leggere la storia che, a quanto insegna la sua dottrina, si nasconde nell'ordito di tutte le storie. (Si prenda un giovane, 
    <persName ref="#FantediDenari">Fante di Denari</persName> 
	, che vuole allontanare da sé una nera profezia: parricidio e nozze con la propria madre. Lo si faccia partire alla ventura su un 
    <persName ref="#Carro">Carro</persName> 
	riccamente addobbato. Il 
    <persName ref="#DuediBastoni">Due di Bastoni</persName>
	segnala un crocicchio sulla polverosa strada maestra, anzi: è il crocicchio, e chi c'è stato può riconoscere il posto in cui la strada che viene da Corinto incrocia quella che va a Tebe. L'
    <persName ref="#AssodiBastoni">Asso di Bastoni</persName> 
	testimonia una rissa da strada, anzi da trivio, quando due carri non vogliono darsi il passo e restano coi mozzi delle ruote incastrati e i conducenti saltano a terra imbestialiti e polverosi, sbraitando appunto come carrettieri, insultandosi, dando del maiale e della vacca al padre e alla madre dell'altro, e se uno tira fuori dalla tasca un'arma da taglio è facile che ci scappi il morto. Difatti qui c'è l'
    <persName ref="#AssodiSpade">Asso di Spade</persName> 
	, c'è Il 
    <persName ref="#Matto">Matto</persName> 
	, c'è La 
    <persName ref="#Morte">Morte</persName>
	: è lo sconosciuto, quello proveniente da Tebe, che è rimasto in terra, così impara a controllare i suoi nervi, tu Edipo non l'hai fatto apposta, lo sappiamo, è stato un raptus, ma intanto ti ci eri buttato addosso a mano armata come se non avessi aspettato altro per tutta la tua vita. Tra le 
    <objectName ref="#carte">carte</objectName>
	che vengono dopo c'è la 
    <persName ref="#RuotadellaFortuna">Ruota della Fortuna</persName>
	o Sfinge, c'è l'ingresso in Tebe come un 
    <persName ref="#Imperatore">Imperatore</persName> 
	trionfante, c'è le Coppe del banchetto di nozze con la regina Giocasta che vediamo qui ritratta come 
    <persName ref="#ReginadiDenari">Regina di Denari</persName> 
	, in panni vedovili, donna desiderabile benché matura. Ma la profezia si compie: la peste infesta Tebe, una nuvola di bacilli cala sulla città, inonda di miasmi le vie e le case, i corpi dànno fuori bubboni rossi e blu e cascano stecchiti per le strade, lambendo l'acqua delle pozzanghere fangose con le labbra secche. In questi casi non c'è che ricorrere alla Sibilla Delfica, che spieghi quali leggi o tabù sono stati violati: la vecchia con la tiara e il libro aperto, etichettata con lo strano epiteto di 
    <persName ref="#Papessa">Papessa</persName> 
	, è lei. Se si vuole, nell'arcano detto del 
    <persName ref="#Giudizio">Giudizio</persName> 
	o dell'
    <persName ref="#Angelo">Angelo</persName>
	si può riconoscere la scena primaria a cui rimanda la dottrina sigismondiana dei sogni: il tenero angioletto che si sveglia nottetempo e tra le nuvole del sonno vede i grandi che non si sa cosa stanno facendo, tutti nudi e in posizioni incomprensibili, mamma e papà e altri invitati. Nel sogno parla il fato. Non ci resta che prenderne atto. Edipo, che non ne sapeva niente, si strappa il lume degli occhi: letteralmente il tarocco dell'
    <persName ref="#Eremita">Eremita</persName>
	lo presenta mentre si toglie dagli occhi un lume, e prende la via di Colono col mantello e il bastone del pellegrino. 
   </p>
   <p> Di tutto questo la scrittura avverte come l'oracolo e purifica come la tragedia. Insomma, non c'è da farsene un problema. La scrittura insomma ha un sottosuolo che appartiene alla specie, o almeno alla civiltà, o almeno a certe categorie di reddito. E io? E quel tanto o quel poco di squisitamente mio personale che credevo di metterci? Se l'ombra d'un autore posso evocare ad accompagnare i miei passi diffidenti nei territori del destino individuale, dell'io, del (come ora dicono) "vissuto", dovrebbe essere quella dell'Egotista di Grenoble, del provinciale alla conquista del mondo, che una volta leggevo come se aspettassi da lui la storia che dovevo scrivere (o vivere: c'era una confusione tra i due verbi, in lui, o nel me di allora). Quale di queste 
    <objectName ref="#carte">carte</objectName>
	mi indicherebbe, se rispondesse ancora al mio appello? Le carte del 
    <objectName ref="#romanzo">romanzo</objectName>
	che non ho scritto, con L'
    <persName ref="#Amore">Amore</persName> 
	e tutta l'energia che mette in moto e le trepidazioni e gli imbrogli, Il 
    <persName ref="#Carro">Carro</persName>
	trionfante dell'ambizione, Il 
    <persName ref="#Mondo">Mondo</persName>
	che ti viene incontro, la bellezza promessa di felicità? Ma qui io vedo solo stampi di scene che si ripetono uguali, il tran-tran della carretta di tutti i giorni, la bellezza come la fotografano i rotocalchi. Era questa la ricetta che aspettavo da lui? (Per il romanzo e per qualcosa oscuramente imparentata col romanzo: "la vita"?) Cos'è che teneva insieme tutto questo e se n'è andato?
	Scarta un tarocco, scarta l'altro, mi ritrovo con poche 
    <objectName ref="#carte">carte</objectName>
	in mano. Il 
    <persName ref="#CavalierediSpade">Cavaliere di Spade</persName>
	, L'
    <persName ref="#Eremita">Eremita</persName>
	, Il 
    <persName ref="#Bagatto">Bagatto</persName>
	sono sempre io come di volta in volta mi sono immaginato d'essere mentre continuo a star seduto menando la 
    <objectName ref="#penna">penna</objectName> 
	su e giù per il 
    <objectName ref="#foglio">foglio</objectName>
	. Per sentieri d'
    <objectName ref="#inchiostro">inchiostro</objectName> 
	s'allontana al galoppo lo slancio guerriero della giovinezza, l'ansia esistenziale, l'energia dell'avventura spesi in una carneficina di cancellature e fogli appallottolati. E nella 
    <objectName ref="#carta">carta</objectName> 
	che segue mi ritrovo nei panni d'un vecchio monaco, segregato da anni nella sua cella, topo di biblioteca che perlustra a lume di lanterna una sapienza dimenticata tra le note a piè di pagina e i rimandi degli indici analitici. Forse è arrivato il momento d'ammettere che il tarocco numero uno è il solo che rappresenta onestamente quello che sono riuscito a essere: un giocoliere o illusionista che dispone sul suo 
    <objectName ref="#bancodafiera">banco da fiera</objectName>  
	un certo numero di figure e spostandole, connettendole e scambiandole ottiene un certo numero d'effetti. 
   </p>
   <p> Il gioco di prestigio che consiste nel mettere dei 
    <orgName ref="#tarocchi">tarocchi</orgName> 
	in fila e farne uscire delle storie, potrei farlo anche coi quadri dei musei: mettere per esempio un San Girolamo al posto dell'
    <persName ref="#Eremita"> Eremita </persName>
	, un San Giorgio al posto 
    <persName ref="#CavalierediSpade"> Cavaliere di Spade</persName>
 	e vedere cosa viene. Sono, vedi il caso, tra i soggetti della pittura che più mi hanno attratto. 
    <!--  Inizio discorso sull'arte e musei senza tag -->
	Nei musei mi fermo sempre volentieri davanti ai sangirolami. I pittori rappresentano l'eremita come uno studioso che consulta trattati all'aria aperta, seduto all'imboccatura d'una grotta. Poco più in là è accucciato un leone, domestico, tranquillo. Perché il leone? La parola scritta ammansisce le passioni? O sottomette le forze della natura? O trova un'armonia con la disumanità dell'universo? O cova una violenza trattenuta ma sempre pronta ad avventarsi, a sbranare? Lo si spieghi come si vuole, è piaciuto ai pittori che San Girolamo abbia con sé un leone (prendendo per buona la storiella della spina nella zampa, grazie al solito qui pro quo d'un copista), e così a me dà soddisfazione e sicurezza vederli insieme, cercare di riconoscermici, non specialmente nel santo e nemmeno nel leone (che del resto spesso s'assomigliano) ma nei due insieme, nell'insieme, nel quadro, figure oggetti paesaggio. 
   </p>
   <p> Nel paesaggio gli oggetti del leggere e dello scrivere si posano tra le rocce le erbe le lucertole, diventano prodotti e strumenti della continuità minerale-vegetale-animale. Tra le suppellettili dell'eremita c'è anche un teschio: la parola scritta tiene sempre presente la cancellatura della persona che ha scritto o di quella che leggerà. La natura inarticolata ingloba nel suo discorso il discorso umano. </p>
   <p> Ma si noti che non siamo nel deserto, nella giungla, nell'isola di Robinson; la città è lì a due passi. I quadri degli eremiti, quasi sempre, hanno una città sullo sfondo. Una stampa di Drer è occupata tutta dalla città, bassa piramide intagliata da torri quadrate e tetti aguzzi; il santo, appiattito su un dosso in primo piano, le volta le spalle, e non stacca gli occhi dal libro, di sotto al cappuccio monacale. Nella puntasecca di Rembrandt la città alta sovrasta il leone che gira il muso intorno, e il santo in basso, che legge beato, all'ombra d'un noce, sotto un cappello a larghe tese. Alla sera gli eremiti vedono accendersi le luci alle finestre, il vento porta a ondate la musica delle feste. In un quarto d'ora, volessero, sarebbero di ritorno tra la gente. La forza dell'eremita si misura non da quanto lontano è andato a stare, ma dalla poca distanza che gli basta per staccarsi dalla città, senza mai perderla di vista. </p>
   <p> Oppure il solitario scrittore è raffigurato nel suo studio, dove un San Girolamo, se non fosse per il leone, si confonde facilmente con un Sant'Agostino: il mestiere dello scrivere uniforma le vite individuali, un uomo allo scrittoio assomiglia a ogni altro uomo allo scrittoio. Ma non solo il leone, altri animali visitano la solitudine dello studioso, discreti messaggeri del fuori: un pavone (in Antonello da Messina, a Londra), un lupacchiotto (in D rer, altra incisione), un cagnolino maltese (in Carpaccio, a Venezia). </p>
   <p> In questi quadri d'interno, ciò che conta è come un certo numero d'oggetti ben distinti si dispongono in un certo spazio, e lasciano scorrere la luce e il tempo sulla loro superficie: volumi rilegati, rotoli di pergamena, clessidre, astrolabi, conchiglie, la sfera appesa al soffitto che mostra come ruotano i cieli (al suo posto, inD rer, c'è una zucca). La figura del Sangirolamo-Santagostino può star seduta nel bel mezzo della tela, come in Antonello, ma sappiamo che il ritratto congloba il catalogo degli oggetti, e lo spazio della stanza riproduce lo spazio della mente, l'ideale enciclopedico dell'intelletto, il suo ordine, le sue classificazioni, la sua calma. </p>
   <p> O la sua inquietitudine: Sant'Agostino, in Botticelli (agli Uffizi), comincia a innervosirsi, appallottola fogli dopo fogli e li butta per terra sotto il tavolo. Anche nello studio dove regna la serenità assorta, la concentrazione, l'agio (sto sempre guardando il Carpaccio) passa una corrente d'alta tensione: i libri lasciati in giro aperti voltano le pagine da soli, oscilla la sfera appesa, la luce dalla finestra entra obliqua, il cane leva il muso. Dentro lo spazio interiore cova un annuncio di terremoto: l'armoniosa geometria intellettuale sfiora al limite l'ossessione paranoica. Oppure sono i boati del fuori che fanno tremare le finestre? Come solo la città dà un senso all'ispido paesaggio dell'eremita, così lo studio, col suo silenzio e il suo ordine, non è altro che il luogo dove si registrano le oscillazioni dei sismografi.</p>
   <p>Da anni ormai sto qui rinchiuso, rimuginando mille ragioni per non mettere il naso fuori, e non trovandone una che mi metta l'anima in pace. Forse mi viene da rimpiangere modi più estroversi d'esprimere me stesso? C'è stato pure un tempo in cui girando nei musei mi fermavo a confrontare e a interrogare i sangiorgi e i loro draghi. I quadri di San Giorgio hanno questa virtù: fanno capire che il pittore era contento d'avere da dipingere un San Giorgio. Perché San Giorgio lo si dipinge senza crederci troppo, credendo solo alla pittura e non al tema? Della condizione instabile di San Giorgio (come santo di leggenda, troppo simile al Perseo del mito; come eroe del mito, troppo simile al fratello minore della fiaba) sembra che i pittori siano sempre stati consapevoli, così da guardarlo sempre un po' con l'occhio "primitivo". Ma, nello stesso tempo, credendoci: nel modo che hanno i pittori e gli scrittori di credere a una storia che è passata per tante forme, e per il fatto di dipingerla e ridipingerla, di scriverla e riscriverla, se non era vera lo diventa.</p>
   <p>Anche nei quadri dei pittori, San Giorgio ha sempre una faccia impersonale, non diversamente dal Cavaliere di Spade delle carte, e la sua lotta col drago è una figura su uno stemma inchiodata fuori dal tempo, sia che lo si veda al galoppo a lancia in resta, come in Carpaccio, caricare dalla sua metà della tela il drago che s'avventa nell'altra metà, e darci dentro con un'espressione concentrata, a testa bassa, da ciclista (intorno, nei dettagli, c'è un calendario di cadaveri le cui fasi di decomposizione ricompongono lo svolgersi temporale del racconto), sia che cavallo e drago si sovrappongano come in un monogramma, come nel Raffaello del Louvre, e San Giorgio lavori di lancia dall'alto al basso nella gola del mostro, operando con angelica chirurgia, (qui il resto del racconto si condensa in una lancia spezzata in terra e in una vergine blandamente sbigottita); oppure, che nella sequenza: principessa, drago, San Giorgio, la bestia (un dinosauro!) si presenti come l'elemento centrale (Paolo Uccello, a Londra e Parigi) o invece San Giorgio separi il drago là in fondo dalla principessa in primo piano (Tintoretto, a Londra). </p>
   <p> In ogni caso San Giorgio compie la sua impresa davanti ai nostri occhi, sempre chiuso nella sua corazza, senza rivelarci nulla di sé: la psicologia non fa per l'uomo d'azione. Caso mai potremmo dire che la psicologia è tutta dalla parte del drago, coi suoi rabbiosi contorcimenti: il nemico il mostro il vinto hanno un pathos che l'eroe vincitore non si sogna d'avere (o si guarda bene dal mostrare). Di qui a dire che il drago è la psicologia, il passo è breve: anzi, è la psiche, è il fondo oscuro di se stesso che San Giorgio affronta, un nemico che già ha fatto strazio di molti giovani e giovinette, un nemico interno che diventa oggetto di estraneità esecranda. E' la storia d'un'energia proiettata nel mondo o è il diario d'una introversione? </p>
   <p> Altri dipinti rappresentano la fase successiva, (il drago steso al suolo è una macchia sul terreno, un involucro sgonfio) e vi si celebra la riconciliazione con la natura, che cresce alberi e rocce a occupare tutto il quadro, relegando in un angolo le figurine del guerriero e del mostro (Altdorfer, a Monaco; Giorgione, a Londra); oppure è la festa della società rigenerata, intorno all'eroe e alla principessa (Pisanello, a Verona, e Carpaccio nelle tele seguenti del ciclo, agli Schiavoni). (Sottinteso patetico: l'eroe essendo un santo non vi saranno nozze ma battesimo). San Giorgio conduce al guinzaglio il drago nella piazza per metterlo a morte in una pubblica cerimonia. Ma in tutta questa festa della città liberata dall'incubo, non c'è nessuno che sorrida: tutti i volti sono gravi. Suonano le trombe e i tamburi, è un'esecuzione capitale che siamo venuti ad assistere, la spada di San Giorgio è sospesa in aria, stiamo tutti col fiato sospeso, sul punto di comprendere che il drago non è solo il nemico, il diverso, l'altro, ma siamo noi, è una parte di noi stessi che dobbiamo giudicare. </p>
   <p> Lungo le pareti degli Schiavoni, a Venezia, le storie di San Giorgio e di San Girolamo continuano l'una di seguito all'altra come fossero una storia sola. E forse sono davvero una sola storia, la vita d'uno stesso uomo, giovinezza maturità vecchiaia e morte. Non ho che da trovare la traccia che unisca l'impresa cavalleresca alla conquista della saggezza. Ma se proprio adesso adesso ero riuscito a rovesciare il San Girolamo verso il fuori e il San Giorgio verso il dentro?</p>
   <p>Riflettiamo. A ben guardare, l'elemento comune delle due storie è nel rapporto con un animale feroce, drago nemico o leone amico. Il drago incombe sulla città, il leone sulla solitudine. Possiamo considerarlo un solo animale: la bestia feroce che incontriamo tanto fuori quanto dentro di noi, in pubblico e in privato. C'è un modo colpevole di abitare la città: accettare le condizioni della bestia feroce dandogli in pasto i nostri figli. C'è un modo colpevole d'abitare la solitudine: credersi tranquillo perché la bestia feroce è resa inoffensiva da una spina nella zampa. L'eroe della storia è colui che nella città punta la lancia nella gola del drago, e nella solitudine tiene con sé il leone nel pieno delle sue forze, accettandolo come custode e genio domestico, ma senza nascondersi la sua natura di belva. 
	</p>
   <p> Dunque sono riuscito a concludere, posso ritenermi soddisfatto. Ma non sarò stato troppo edificante? Rileggo. Strappo tutto? Vediamo, la prima cosa da dire è che quella del Sangiorgio-Sangirolamo non è una storia con un prima e un dopo: siamo al centro d'una stanza con figure che si offrono alla vista tutte insieme. Il personaggio in questione o riesce a essere il guerriero e il savio in ogni cosa che fa e pensa, o non sarà nessuno, e la stessa belva è nello stesso tempo drago nemico nella carneficina quotidiana della città e leone custode nello spazio dei pensieri: e non si lascia fronteggiare se non nelle due forme insieme.
    <!-- Fine discorso sull'arte e musei senza tag  -->
	Così ho messo tutto a posto. Sulla pagina, almeno. Dentro di me tutto resta come prima. 
   </p>
  </body>
 </text>
</TEI>
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